L’ORIENTE DI BRILLI. DA GALLAND IL LETERATO VAIGGIATORE DEL RE SOLE A QUESTO INCANTO…

Sto in questi giorni vedendo la bella serie “Versailles” su Netflix, bravissimo l’attore che impersonifica il Re Sole, Luigi XIV°, ma in realtà tutto il cast è fantastico e le scene studiate alla perfezione, costumi e luci pure. Bravo il regista, una collaborazione con Canal +. Non avrei mai voluto vedere il Re Sole al tramonto. Rimanne la sua Versaille e la Grandeur la si deve a lui e al secolo dei Lumi che arriverà piu’ tardi nel Settecento. E proprio all’inizio del Settecento, Antoine Galland pose termine alla sua imponente traduzione delle Mille e una notte, dodici volumi in cui l’intero corpus della seduzione orientale veniva dispiegato davanti al divano del lettore occidentale. Viaggiatore, erudito, bon vivan

t, Galland era l’uomo adatto per un’epoca in cui il sole di Luigi XIV era ormai al suo estremo tramonto, le fiabe di Perrault avevano esaurito le loro scorte di gatti con gli stivali e cappuccetti rossi e le prime avvisaglie di un illuminismo scettico e realista cominciavano a battere in breccia le certezze dell’Ancien Régime in cui si era sovrani per diritto divino…Senza strafare, qui e là ritoccando, qui e là riadattando, sempre e comunque ricucendo il tutto nello stile e nel tono del suo tempo, Galland forniva al pubblico colto che ne era il naturale destinatario, tutto ciò che quest’ultimo desiderava: l’evasione e l’esotismo, la favola e il proibito, il colore e la sua ombra: “Il lettore avrà il piacere di veder agire e di sentire parlare questi popoli, senza la fatica di andarli a cercare nei loro paesi”. Era una strizzata d’occhio ai viaggiatori immobili, a quello che più tardi Xavier de Maistre teorizzerà nel suo “Viaggio intorno alla mia camera” e che ancora un secolo dopo il novecentesco MacOrlan codificherà nella figura dell’ “avventuriero passivo”, per certi versi, come nota Attilio Brilli nel suo Il grande racconto del favoloso “Oriente” (il Mulino, 479 pagine, 48 euro), “la supremazia dell’invenzione narrativa sulla testimonianza diretta”. Con le Mille e una notte l’Oriente passa di mano, il geografo, il naturalista, il mercante cedono il passo al viaggiatore, all’artista, al letterato. Come osserverà nell’Ottocento de Gobineau, è quello il libro che meglio comprende e riassume l’idea sessa dell’Oriente. Nulla a che vedere con “Oriente e Occidente”, uno spaccato geopolitico con tanto della storia sula globalizzazione di Federico Rampini, senza nulla togliere a Rampini…

Il saggio di Brilli parte proprio dalle Mille e una notte di Galland per da vita a una cavalcata, splendidamente illustrata, vero quello che può essere considerato l’Altrove dell’Occidente. Il risultato è una sorta di gigantesco baedeker che dal vicino Oriente mediterraneo e dall’Arabia come continente a sé spazia sino all’estremo Oriente asiatico per poi sconfinare nella Polinesia e nei mari del Sud. Troppa grazia, vien voglia di dire, perché la vastità è per forza di cose costretta a restringere gli spazi e l’insieme finisce per dare l‘ impressione del restare quasi sempre in superficie, non potendo spingersi troppo in profondità. Le cose sono tante, la storia è infinita, il dono della sintesi ci è proprio a noi giornalisti, purchè il contenuto ci stia tutto.

Ma fermiamoci un istante. Come ha scritto Robert Byron, l’autore di quel classico che si chiama “La via per l’Oxiana”, “viaggiare in Europa vuol dire far parte di un’eredità prevista; nell’Islam, ispezionare quella di un parente prossimo. Ma viaggiare nell’Asia più lontana vuol dire scoprire novità insospettate e inimmaginabili, e non è questione di indagarla, ma semplicemente di imparare che esiste”. Se è così, ha più senso, in questa sede, soffermarsi sul “parente prossimo” islamico, ovvero medio orientale, indagine che, va da sé, già da sola vale il viaggio e, nella fattispecie, il libro di Brilli. Ora non si puo’ piu’ viaggiare nell’incantatoOriente, guerre, l’Isis e poi la Pandemia-Corona Virus Covid-19. Per anni questo non lo potremo fare.

Quando si imbocca una sdrada c’è sempre qualcuno che in maniera altezzosa, giusto o torto che sia, la deve spezzare. Fra quando le Mille e una notte di Galland si impongono al pubblico colto europeo e il Voyage de Paris à Jerusalem di Chateaubriand cambia radicalmente la prospettiva della cosiddetta narrativa di viaggio, modernizzandola e rendendola quella che noi oggi conosciamo, passa più o meno un secolo e in quell’arco di tempo non è solo l’occhio del viaggiatore a cambiare, ma anche l’oggetto del suo sguardo.

Vediamo di capire. L’idea di una civiltà statica, priva, come scrive Brilli, “di un proprio interiore dinamismo, può lasciarsi interpretare alla stregua di un mondo fiabesco” e Lady Mary Wortley Montagu, moglie dell’ambasciatore inglese presso l’Impero ottomano, può nelle sue corrispondenze settecentesche assumere il tono disinvolto dell’osservatore privilegiato che svela dall’interno i segreti dei bagni femminili del sultano…Ma al giro di boa settecentesco c’è Napoleone accampato con il suo esercito davanti alle Piramidi e l’Oriente praticamente è entrato nelle case dell’Occidente, lo stile egizio e la stele di Rosetta, i pittori orientalisti e il serraglio ricostruito negli atelier di Montmartre, i sarcofaghi dei faraoni al Cristal Palace di Londra…Mi manca l’riente, mi manca la mia Francia. Non quella di Macron, l’altra, la piu’ colta, la piu’ altezzosa ma artistica, letteraria, fatta di pittori, musicisti, danzatori, architetti. Nemmeno Notre Dame Macron ha saputo completare , ci rendiamo conto? Stiamo parlando della Cattedrale di Francia. Un tetto e una guglia. Fu fatto un concorso internazionale, i soldi piovvero da tutte le parti del mondo e questo omino megalomane attende le Olimpiadi a casa proria. Le Chiese, le Cattedrale in Francia sono dello Stato, non della Curia. Torniamo a Occidente e Oriente. L’Occidente, insomma, impone il suo sigillo politico e insieme, nota Brilli, “riafferma il proprio ordine culturale del quale intende scoprire, nelle antiche civiltà del Mediterraneo orientale, le origini remote. Su queste basi il viaggio in Oriente tenderà ad assumere il valore rituale di una celebrazione collettiva”.

Che piaccia o meno, il paradosso è che, tanto più si dà per scontata l’affiliazione, tanto più la memoria storica si fa evanescente, “presentandosi come l’incrostazione di un sedimento enigmatico, indecifrabile, un mondo posto ai margini delle vie del progresso, gremito di eventi mirabolanti, eppure ridotto al silenzio dall’alone di mistero nel quale si avvolge”. Che a questo silenzio possano dar voce solo gli occidentali, in possesso di una consapevolezza storica che agli orientali manca, è l’idea che sta alla base di un Oriente visto come un “gigantesco serraglio immaginario” del conquistatore “che si muove esibendo il suo desiderio di onnipotenza, l’esercizio dell’intelligenza e dell’arbitrio e la pratica indiscriminata dell’appropriazione”. Può anche accadere però che sia la fascinazione ad avere il sopravvento, l’Oriente a sedurre e imprigionare l’incauto occidentale. Succederà, nelle sue forme più varie, a Nerval, a Pierre Loti, succederà a Joseph Thomas Arnaud, uno che ritiene “la nostra Europa una tana di talpe. Solo L’Oriente è grande”. Arriverà a San’a, poi a Marih, l’antica capitale del regno di Saba, nel sud della penisola arabica, affronterà fatiche incredibili, ne lascerà un resoconto, Viaggio nel regno della regina di Saba…Quanti sogni e quanti ricordi!

Di questa “visione leggendaria” il libro di Brilli dà conto, lo abbiamo accennato, anche con un ricchissimo apparato iconografico che è una vera festa per gli occhi, foto, dipinti, miniature, incisioni, persino le figurine Liebig di quando l’Oriente diventa un prodotto e si ostina a concedere il suo profumo a un Occidente che più la mercifica e più ne avverte, irrimediabilmente, la nostalgia. Di orientalismi è piena la letteratura, ma anche l’arte, l’artigianato, la moda. Ora non reste che sognare appunto intorno alla nostra stanza in attesa che il mondo si quieti tra guerre e pandemie.


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