FOTOGRAFIE DI GRANDI MAESTRI AL MUSEO CARNEVALET DI PARIGI SULLA "LIBERAZIONE" DAI TEDESCHI

C’erano tutti i più grandi a fotografare la Liberazione di Parigi dalle truppe tedesche: Henry Cartier Bresson, Robert Kapa, Marcelle D’Heilly, Marcel Peeters, Roger Schall, Serge De Sazo, Andre’ Gardner, George Berger, Robert Doisneau, Zuber René, (Camille Rapp ha contribuito a realizzare i FFI, ricostruzioni), F. Lapi, Pierer Roughol, Gotti….

L’artista Stéphane Thidet ha realizzato per la mostra un’installazione filmata a partire dai negativi su lastra di vetro del fotografo Gregor Arax. Le immagini della <Liberazione> sono qui riunite per interrogarsi sul peso delle fotografie nella costruzione dei ricordi. Il Manifesto della Liberazione del 1944 compeggia nell’esposizione con la foto di Renè Zuber circondato da una serie di testate che hanno titolato <Liberté! Liberté!>.  E’ anche questo a rendere più suggestiva l’esposizione parigina   dal titolo <Paris libéré, fhotographie, espose>, al Museo Carnavalet fino all’8 febbraio 2015.

E’ una rassegna che riprende quella originale del 1944 organizzata da Francois Bouchet (1885-1966) a tamburo battente dopo la Liberazione nell’agosto del 1944 nella capitale francese che vi aggiunge alcune sequenze fotografiche allora censurate per motivi politici. Ad esempio l’arresto e la tonsura o rapatura a zero dei capelli delle parigine accusate di collaborazionismo co il nemico nazista. Queste immagini inedite e la documentazione di giornali, filmati, interviste video, lettere, documenti lasciapassare….sono il frutto del lavoro del nuovo curatore dell’esposizione che vede lunghe code di visitatori in attesa. Un logo distingue le immagini del 1944 dalle attuali. La mostra scandisce le varie fasi di quello che fu la liberazione: scontri, barricate, i morti e i feriti, gli spari dall’Hotel de Ville (Il Comune di Parigi), ragazzi con tanto di fucile che sparano ai tedeschi dai vetri rotti dal palazzo che si trova di fronte a Notre Dame a difesa dei monumenti e della storia di una nazione. Atmosfere e suggestioni che colpiscono l’occhio e il cuore. Tra i simboli di una città che non si voleva arrendere, le mitiche immagini Roger Shall che mostravano una Parigi monumentale sullo sfondo e le devastazioni della guerra in primo piano. Le foto documentano l’occupazione dei tedeschi e i luoghi che avevano sequestrato dai teatri, ai cinema edifici in Rue Pérouse….Scatti che con le barricate del 22 fino al 25 di agosto di quell’anno, contribuiscono a creare il mito vittoria per mano francese, tenendo in disparte il ruolo reale dell’intervento americano.

Dal fortino della Huchette, per passare da boulevards fino a Saint Germains (Robert Doisneau 1944 ne fu l’autore), furono scatti creati come una vera e propria messa in scena filmica, poco lontana dal reale che hanno creato scatti fotografici impareggiabili sotto forma di documentazione storica e artistica. Filmati e ancora altri fotogrammi riprendono la sfilata e l’apoteosi della liberazione con il generale De Galle e il generale Leclerc. La penultima sezione della mostra ricostruisce la seconda Divisione Blindata del generale Leclerc con 150 uomini in primo piano che avanzava con il capitano Dronne. La sera del 24 agosto fu messa sotto i riflettori di tutti gli artisti, intellettuali e partigiani. Alcune fotografie di Jean Séeberg , di Henri Cartier Bresson e i bravi fotografi dell’Agenzia Lapi immortalarono i blindati fermi nella capitale e lo demolizione dei simboli e dei marchi tedeschi. Questo fotografie fanno risaltare la presenza delle donne che combattono e di tutti quelli che non sono armati ma lottano in altro modo.

Fucili, paracaduti, pistole, bandiere, elmetti, oggetti vari, tutto ben visibile, li troviamo prima di entrare nell’ultima fase della mostra che mette bene in evidenza l’evacuazione delle truppe germaniche. L’esposizione mette in risalto anche quello che sono state le camere di tortura che hanno fatto il giro non solo della stampa nazionale, ma anche quella mondiale. La resa del generale Von Choltitz non è stato possibile fotografarla, ma un’altra immagine la sostituisce simbolicamente.  La Croce Rossa viene consacrata dai francesi in quell’anno, in quel mese e diventa il simbolo mondiale dell’assistenza ai malati e ai bisognosi. E pensare che oggi l’associazione è in difficoltà finanziarie e non ha piu’ le entrate sufficienti per potere operare nel mondo come ha fatto in tutte le guerre aiutando e salvando tutti senza guardare da che parte politica stanno i feriti o i profughi.

Nel cuore dell’esposizione il filmato intervista con il genetista-antropologo Axel Khan è stato approfondito il tema della psicologia e dell’aiuto a recuperare l’immagine individuale e collettiva della gente colpita dall’invasione, cercando anche di capire quali sono i meccanismi che fissano nella memoria determinate esperienze. Insieme alle immagini amatoriali si può dire che quegli istanti di grande intensità forse allestiti in locali troppo stretti per il quantitativo esagerato di materiale documentaristico, ancora oggi non solo i francesi, ma anche inglesi, tedeschi, italiani e spagnoli… hanno avuto la voglia di guardarli e sentirli sulla pelle per cercare di capire che cosa fosse successo.


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