DA KANT A KALINGRAD..QUELLO CHE ERA LA PRUSSIA ORIENATALE..IL TUTTO GIRAVA ANCHE INTOTNO A KANT

A volte la geografia ci dà delle lezioni di storia di cui la storia stessa sembra essersi dimenticata. E’ una riflessione che mi è venuta in mente seguendo sui giornali la guerra russo-ucraina con tutto il suo combinato disposto di frontiere, annessioni, territori contesi, popolazioni che si ritrovano sballottate fra confini nazionali che non le rappresentano compiutamente. Facciamo un solo esempio, per essere più chiari. C’è una exclave russa, separata quindi dalla madrepatria, che si chiama Kaliningrad e che si trova lungo il confine tra Lituania e Polonia, in quella che era una volta la Prussia orientale. Fino al 1946, portava un altro nome, più glorioso bisogna dire, K’onisberg, ovvero la Montagna del Re e nel Settecento diede i natali Emmanuel Kant, uno dei giganti della filosofia moderna.

Alla fine della Seconda guerra mondiale, fu uno dei bottini di guerra che i russi si presero a danno dei tedeschi sconfitti, ma se si risale indietro nei  secoli si vedrà che quando  Konisberg divenne la sede dell’Ordine dei Cavalieri Teutonici, di cui gran maestro cinquecentesco fu Albert Hohenzollern, sia la città sia i Cavalieri erano vassalli del regno di Polonia Formalmente, dunque, prima di essere prussiana, poi tedesca e infine russa, K”onisberg era stata terra polacca, sia pure in modo formale visto che faceva parte della cosiddetta Lega Anseatica, quella cioè che univa i porti e gli empori del Baltico e del Mare del Nord.

Nel 1772 il regno di Polonia cessò di esistere in quanto tale, spartito fra Russa, Austria e Prussia, ma ancora all’inizio di quel secolo Federico di Hohenzollern aveva pensato di forzare la mano,  proclamandosi proprio a K”onisberg  “re in Prussia”, non potendosi ancora definire, visto che c’era l’impero austriaco e il regno di Polonia “re di Prussia”,  come farà invece proprio in quel 1772 Federico II.

Nell’Ottocento napoleonico, K”onisberg divenne, in una Germania occupata, uno dei focolai della resistenza contro Napoleone e, dopo la sconfitta di quest’ultimo, la capitale della Prussia orientale e tale restò sino alla Prima guerra mondiale, quando la Germania era ormai una nazione unificata, Berlino la sua captale e la Prussia una delle sue regioni…. La sconfitta del Kaiser nella Grande guerra, portò a un trattato di pace, quello di Versailles che, fra le tante cose negative comportava anche un’amputazione selvaggia del territorio. Così, K”onisberg per via del cosiddetto “corridoio polacco”, grazie al quale la risorta Polonia aveva il suo accesso al mare, pur essendo in territorio prusso-tedesco  divenne territorio polacco e tale restò fino a quel 1946 da cui siamo partiti. Aggiungiamo, per dovere di cronaa, che quando i russi ne presero definitivamente possesso, la città era stata di fatto rasa al suolo dai bombardamenti alleati dell’agoato’44. Stalin ordinò la deportazione dei pochi superstiti della comunità tedesca in quella che sarebbe poi diventata la Germania dell’est, e impose di fatto la russificazione.

Nello spazio insomma di un tre di secoli, tre nazioni, tre stati, deportazioni, dolori, miserie.

Il nome di Kalinigrad viene dal presidente sovietico Kalinin, morto proprio il 3 giugno di quella estate del’46 in cui in suo onore si decise il cambio del nome. Kalinin era una figura non di secondo piano nella nomenklatura sovietica, visto che riuscì appunto a ricoprire la carica di presidente dell’Urss, per quanto fosse più onorifica che dotata di potere reale, essendo quest’ultimo nelle mani ben salde di Stalin. Di certo, fu un abile navigatore, riuscendo a sopravvivere alle purghe staliniane degli anni Trenta…

Naturalmente la fama di Kaliningrad risiede nella fama di K”onisberg, ovvero nel suo essere stata non solo la patria di Kant, ma anche la sede dell’università Albertina, nonché del celebre ginnasio Fridericianum.

Di Kant è famoso l’aneddoto che ne racconta la metodicità, una vita talmente scandita che alla sua uscita, alle 19 in punto, dalla casa dell’amico banchiere inglese Joseph Green, gli altri abitanti della città rimettevano l’ora al suo passaggio…

Tuttavia, Kant non fu né un uomo banale né soltanto un uomo metodico ed ha una sua logica una frase dello scrittore italiano Giuseppe Prezzolini che “nella sua mente si combatterono battaglie più importanti di quelle di Cesare o di Alessandro Magno”…

Nato nel 1724, in pratica coetaneo di Giacomo Casanova, fu anch’egli un giovane elegante e di maniere galanti, giocatore di carte e di biliardo, grazie ai quali vinse somme di denaro che gli permisero una vita più agiata di quella del semplice professore. Aveva una conversazione piacevole, era spiritoso, era coraggioso. L’allora re Federico Guglielmo II, il successore di Federico II, si legò mani e piedi alla massoneria della Rosa Croce d’Oro e i suoi ministri, nonché la sua polizia, presero di mira il cosiddetto “deismo” di Kant. Fun sorvegliato, fu ammonito, ma nessuna minaccia lo smosse dalle sue convinzioni. “Sapere aude” era il suo motto, osa di sapere…

Kant morì nel 1804 e fu il suo insegnamento che fece del più giovane Herder, che lo definì “maestro d’umanità” il cantore del nazionalismo tedesco antifrancese, e del ancor più giovane von Kleist uno dei grandi scrittori del suo tempo. Quando si spense, al suo capezzale c’era il fedele cameriere Martin Lampe. “Es ist gut”, va bene così, furono le sue ultime parole. Morì sereno, come serenamente era vissuto.


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