MENTRE LA FRANCIA FESTEGGIA IL SUO NUOVO PRESIDENTE A VENEZIA LA FONDAZIONE QUERINI STAMPALIA A POCHI GIORNI DALL’APERTURA DELLA BIENNALE D’ARTE, PRESENTA DUE IMPORTANTI ARTISTI

ANSELMO03_Untitled 2012La Fondazione Querini Stampalia di Venezia ha preso due piccioni con una fava…Giovanni Anselmo ed Elisabetta Di Maggio. Vecchio detto, forse poco elegante ma che ben esprime l’operazione della Fondazione a pochi giorni dall’apertura della 57a Edizione d’Arte. Come molto spesso per Anselmo, il titolo lungo è come una formula, quasi un piccolo racconto che descrive vere e proprie installazioni che si possono considerare come dei paesaggi da osservare “affacciati alla finestra della nostra immaginazione”.

Il lavoro di Anselmo è un paradigma che si propone ricomponendosi e direzionandosi sempre in modo diverso ogni volta che incontra uno spazio e una dimensione nuova: in questo caso, lo spazio di Carlo Scarpa per la Fondazione Querini Stampalia di Venezia. Il titolo della sua mostra “Senza titolo, invisibile, dove le stelle si avvicinano di una spanna in più, mentre oltremare appare verso sud-est”, è un percorso di traiettorie e di direzioni, di pesi e di energie che rappresentano quattro momenti in cui viene sottinteso un quinto momento: il visitatore che si rende partecipe. L’opera è un work in progress perché viene vissuta e vive tramite lo spettatore. Ripercorrendo le traiettorie della mostra, anche lo spettatore crea una traiettoria nuova. Il peso della pietra che la terrebbe al suolo è invece in tensione e tende verso dove c’è oltremare e dove c’è il colore.

“Ho sempre cercato di rapportarmi con il mondo, e dato che l’energia è dappertutto e noi stessi siamo energia, per me è importante avere nell’opera, non un oggetto, ma un agire…come il colore: se spegni la luce, continua ad agire.”

Giovanni Anselmo ha esordito nell’ambito dell’Arte povera, impegnandosi in una ricerca tesa a esaltare la presenza potenziale dell’invisibile nel visibile, esponendo la stretta relazione che esiste tra il finito e l’infinito. Ha formulato una personale dialettica che spesso implica l’accostamento di materiali di valenza contraria che attraverso le sue opere mettono in luce l’energia insita nella materia. Ciascun lavoro nasce dalla manifestazione nello spazio e nel tempo delle forze compresse e in divenire che gli elementi predisposti dall’artista producono incontrandosi.

Anselmo ha immaginato per lo spazio di Carlo Scarpa un progetto, come sempre per lui, nato dalla precisione e dal rigore essenziale che lo spazio stesso gli ha suggerito. Per questa mostra, il percorso che ha pensato si dispone e si sviluppa in quattro elementi-opere: un’opera per ogni ambiente, per darvi una direzione e immettervi una tensione verso l’esterno. Lo spazio che Carlo Scarpa ha pensato per le esposizioni è, di fatto, uno spazio chiuso e interamente occupato dal suo dettaglio. L’opera di Anselmo riesce a spingerlo oltre e a staccarlo dalla sua forma iconica.
La prima opera del percorso è Senza titolo, 1967. Una lastra in Plexiglas viene leggermente arcuata e mantenuta in questa posizione grazie a un ferro uncinato. È un’opera esemplare della poetica di Anselmo che, con mezzi semplici, crea le condizioni per porre in atto una situazione di tensione, l’opera è propriamente l’energia fisica che contiene e vive senza bisogno di connessioni stabili, in una situazione di leggera precarietà. Utilizza materiali industriali, naturali, umili e minimamente manipolati che portano lo spettatore a relazionarsi tanto con la fisicità tangibile di elementi concreti, quanto con quelle tensioni invisibili che appartengono comunque all’ambiente e all’esperienza reale, come le forze primordiali della gravitazione o del magnetismo.

“Le opere non si esauriscono all’interno di se stesse, si completano con la vita attiva dei materiali: respirano, si dissolvono, si annullano, si tendono, si sollevano, si indicano sostenendo un’altissima individualità e freschezza nelle loro proprietà estetiche ed energetiche” (J. C. Amman in Giovanni Anselmo, catalogo della mostra a cura di B. Merz, p. 26). Molte volte la forza dei lavori che Anselmo espone è affidata all’immaginazione: con essa possiamo proiettare la matericità di semplici oggetti oltre lo spazio, oltre il tempo, oltre il visibile. Il percorso di mostra continua con l’opera Invisibile, 1970-1998-2007. Un blocco di granito, con sopra incisa la parola “visibile”  sul lato estremo. Ecco, la verità di un fatto si rende manifesta nella concretezza dell’opera. Ciò che non è visibile non esiste concretamente, ma si manifesta come energia possibile, come forza d’immaginazione.

Nella grande sala espositiva pensata da Carlo Scarpa, Anselmo ha deciso di esporre Dove le stelle si avvicinano di una spanna in più, un sentiero di sei blocchi di granito che tracciano la profondità di un pensiero che scavalca i limiti spazio-temporali. Un pensiero che si trova in tutte le opere in cui la gravità gioca un ruolo determinante e che qui trova una combinazione perfetta nello spazio scarpiano, preciso e chiuso. Ci si avvicina al cielo di una spanna, e quasi riusciamo a toccare le stelle con la mano se solo salendo su quei massi di granito riusciamo a renderci conto e a immaginare il paesaggio più vasto che ci sovrasta sopra di noi e a cui siamo direttamente collegati. L’opera di questo artista è anche questa opportunità di espansione per ognuno che la sappia vedere.

Durante il percorso, incontriamo poi Mentre oltremare appare verso sud-est, 1981-2016. Qui, il cammino della mostra cerca una direzione e l’espansione verso un altrove. Si tratta di due blocchi di pietra rettangolari, una con l’ago magnetico presente nella bussola incastonato sopra come espressione di forze che indicano una direzione, e l’altra, con la parte esterna colorata di pigmento oltremare, a indicare che lo spazio altrove è sempre oltremare. Come alla ricerca di un spazio non definito, mentalmente oltre le pareti, l’opera indica un desiderio costante. L’oltre di Anselmo è immateriale ma allo stesso tempo di grande fermezza: “…c’è sempre un oltremare in qualsiasi direzione si guardi, anzi un oltre-terra, terra e mare si scavalcano infinitamente.” (M. Disch (a cura di), Giovanni Anselmo, ADV Lugano, 2008, p.99). Vediamo da vicino l’artista e la sua opera.

“A ogni modo di pensare o di essere, deve corrispondere un modo di agire. I miei lavori sono la fisicizzazione della forza di un’azione, dell’energia di una situazione o di un evento, non l’esperienza di ciò a livello di annotazione, di segno, o di natura morta soltanto. È necessario che l’energia di una torsione viva con la sua vera forza. Non vivrebbe certo con la sola sua forma”.

Giovanni Anselmo, nato nel 1934, prima mostra alla galleria Sperone nel 1967, Leone d’oro per la Pittura alla Biennale di Venezia nel 1990, è uno dei principali esponenti dell’Arte povera. La sua ricerca si concentra sull’interazione di materiali molto diversi tra di loro per composizione, duttilità, natura e provenienza. Sono materiali incompatibili e opposti, come inTorsione, dove la fisicizzazione dell’energia è data dalla torsione del cuoio attorno a un manico di legno, che si contrappone alla fredda staticità del granito. La differenza tra i materiali produce contrasti e mette in evidenza la vitalità di quegli stessi elementi. Dal 1965, dopo aver abbandonato la pittura,Anselmo procede in questa direzione, fa un pezzo di strada con i compagni dell’Arte povera, e dal 1980 prosegue inseguendo il tema dell’infinito.

Giovanni Anselmo e di Elisabetta Di Maggio alla Fondazione Querini Stampalia

Le opere di Giovanni Anselmo e di Elisabetta Di Maggio presentati contemporaneamente nei due spazi della ANSELMO 1Direzione copiaFondazione Querini Stampalia – Area Scarpa e Museo – trovano un dialogo nell’incontro dei materiali che ognuno di loro utilizza: lastre di granito per Anselmo e materiale naturale e fogli di carta velina per Di Maggio. La loro costante riflessione sul tempo, nel tentativo di portare l’infinito nel frammento presente e nella consapevolezza di prendersi cura di ogni momento dell’esistenza per mantenerla in vita, trova un’ideale congiunzione tra le due ricerche che solo apparentemente sembrano distanti. I progetti dei due artisti invitati si confronteranno inevitabilmente con la storia, gli spazi e le collezioni che costituiscono il patrimonio della Querini Stampalia e si proporranno come uno sguardo inedito capace di scardinare le consuete categorie di conservazione, esposizione e fruizione museale dell’opera d’arte.


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