LO STRANIERO DI CAMUS ..COSI’ BENE REALIZATO FEDELMENTE DAL REGISTA OZON
Amato di tutti i giovani universitari , io ne ero una
sostenitrice ma nanche da insospettabili come Vittorio Feltri, forso trova nel personaggio qualche cosa fi se stesso? Nato sotto il segno dello Scorpione, il 7 novembre del 1913 a Drèan e morto il 4 gennaio del 1060 a Villebrevim, : adorava Kafka, Nietzsche, Dodoevskj..Scrittore, filosofo, saggista e drammaturgo…vosa volete di piu’..Ozon ha strascritto su pellicola la storia el piccolo operaio che vieva ad Algeri..Chiuso di caratttere..un giorno per caso uccide un arabo e da lìpartono i guai..una avventura, una vita segnata. Sconosciuto a se stesso, folle e ribelle…Meursault come dicevo estra
neo a se stesso ..spiega la storia di un delitto
assurdo e denuncia l’assurdità di vivere nell’ingiustizia universale….Un concetto non lontano da certe tragedie di oggi.
Ci vuole del coraggio, cinematograficamente parlando, per non affidare alla voce narrante del film uno dei più agghiaccianti incipit romanzeschi del Novecento, quell’”oggi è morta mamma. O forse ieri, non so”, con cui si apre Lo straniero di Albert Camus. François Ozon quel coraggio ha dimostrato di averlo, ma va anche detto che, dal punto di vista della sceneggiatura, la pagina scritta di Camus si adatta meravigliosamente allo schermo, e insomma l’insieme è talmente coerente e avvincente da sopportare anche tagli significativi. Va detto altresì che Lo straniero di François Ozon, presentato ieri in concorso, si avvale di un bianco e nero luminoso e di una serie di “facce” attoriali, Benjamin Voisin, Pierre Lottin, Denis Levant, Rebecca Marder, che incarnano perfettamente la tipologia umana di quel racconto scritto da Camus all’inizio degli anni Quaranta e ambientato in un’Algeria di prima della guerra dove il rapporto fra i pied noirs, i francesi d’oltremare, e les indigenes, come venivano definiti gli algerini, erano destinati a divenire sempre più conflittuali. Da un lato, la piccola borghesia dei mestieri e delle armi, l’albergatore, il magazziniere, la guardia, l’impiegato, la dattilografa; dall’altro i giovani arabi dai mille lavori precari e dal coltello sempre pronto a balenare in una rissa, le donne come merci di scambio, di corruzione e di ricatto…
Al centro del racconto come del film c’è il personaggio di Meursault, impiegato in una società marittima, un giovane tranquillo, docile, una vita scandita dalla routine, nessuna passione di cui nutrirsi, nessuna ambizione in cui riconoscersi. Quando il suo capo ufficio gli prospetta l’apertura di una sede parigina, la possibilità di viaggiare e guadagnare di più, la risposta è un no: sta bene dov’è, perché dover cambiare: “Una vita vale un’altra”. Quanto a Parigi, “è sporca, ci sono piccioni e cortili bui e la gente ha la pelle bianca”.
L’amicizia, in realtà poco più di una frequentazione, con un vicino di casa, Raymond Sintès, la quintessenza del teppista parigino finito sull’altra sponda del Mediterraneo, è destinata però a sconvolgergli l’esistenza, trascinandolo in una spirale di violenza. In una torrida giornata d’estate Meursault ucciderà un ragazzo arabo, senza un perché.
Emblema dell’indifferenza e insieme dell’assurdità della vita, l’”eroe” in negativo di Camus appartiene di diritto alla grande narrativa d i tutti i tempi. Ozon, la cui famiglia materna ha origine algerine, gli costruisce intorno una cornice rigorosa, perfetta anche nei dettagli: mobili, auto e vestiti d’epoca, campagne assolate e spiagge solitarie e ci rimanda l’immagine di chi, incapace di aderire alle cose, scivola lentamente, e poi sempre più velocemente, nella “tenera indifferenza del mondo”. Come dice lo stesso regista, “affrontare un capolavoro che tutti hanno letto e che ognuno ha messo in scena nella propria mente, è stato una sfida immensa. Ma il mio interesse per il libro era più forte delle mie apprensioni, così mi sono buttato con una certa leggerezza”.
Va ricordato che, ancora alla fine degli anni Sessanta, Luchino Visconti diede la sua versione cinematografica, e a colori, di Lo straniero, affidando la parte del protagonista a Marcello Mastroianni. Non fu un grande successo, né di critica né di pubblico, pur se, nel tempo, il film è stato rivalutato. Anche la sua era una regia fedele al testo originale, ma, a differenza di Ozon, che questa fedeltà l’ha messa sin dall’inizio alla base del suo lavoro, Visconti vi fu costretto dalla vedova di Albert Camus, che non solo deteneva i diritti, ma era la più fiera depositaria dell’integrità artistica della sua opera. Va altresì detto che nell’interpretazione di Mastroianni il personaggio di Meursault risultava più una sorta di seduttore pigro e indolente che non un nichilista distaccato e passivo come invece Benjamin Voisini riesce a rendere molto bene nel film di Ozon.
Condannato a morte, alla vigilia dell’esecuzione Meursault non sa fare altro che augurarsi di vedere molti spettatori intorno alla ghigliottina che gli trancerà la testa, e che dalle loro bocche escano “grida di odio”. Solo così, pensa, potrà sentirsi “meno solo”.
Nota..il libro uscì nel 1942 e Prima di Ozon Luchino Visconti con Mastroianni lo portarono sulle scene..ma non vorrei ripetermi….W Ozon W Lo Straniero….








