A VILLA NECCHI CAMPIGLIO IL PENSIERO DELL'ARCHITETTO CHE HA "COSTRUITO" IL FAI .."TUTTA QUESTA BELLEZZA"…..RENATO BAZZONI

La “Grande bellezza”, forse è proprio questa. Avere inventato il FAI (Fondo per l’Ambiente Italiano) che ha lo scopo di preservare architetture e opere dove lo Stato non arriva a farlo con le sue forze, grazie al contributo di privati spessi molto generosi. Questa volta nella splendida Villa Necchi Campigli di Milano a due passi da Corso Venezia, progettata dall’architetto Portaluppi, è stato presentato il libro “Tutta questa bellezza” edito da Rizzoli di Renato Bazzoni e a cura di Antonello Cicalò Danioni con prefazione di Andrea Carandini e Giulia Maria Mozzoni Crespi, 350 pagine per non dimenticare chi ha “costruito” il FAI.

“I fini intenditori che avvolgono le cose semplici in formule misteriose non hanno capito niente. Se rimangono soli a parlare tra loro non otterranno mai che la gente capisca e aiuti a vincere una battaglia”, parole di Renato Bazzoni con le quali è iniziata la presentazione nella splendida Villa Necchi Campigli, un tempo abitata dagli industriali Necchi (le due sorelle figlie dell’imprenditore e il marito Campigli di una di essa); Quadri, da Sironi fino a mobili anni Trenta e sculture collezionate nel tempo dalla famiglia sono state arricchite dalla donazione della titolare della Galleria Gian  Ferrari. Costo del volume 19,00 Euro che riporta sulla copertina una baia nei pressi di Massa Lubrense, perché il Fai oltre a salvare castelli e dimore storiche si occupa anche del paesaggio e della sua natura, di giardini e borghi, come quello con tanto di convento nella baia di San Fruttuoso. Così oggi vengono riproposti una sintesi di scritti di Renato Bazzoni, per avere speso tutta la sua vita nella difesa e nella conservazione della bellezza del nostro Paese.

Proprio nel momento in cui tutto intorno a noi parla di cambiamenti, è giusto parlare anche di vecchi temi, perché la nostra società è invecchiata, la visione si restringe e l’insieme si sfuoca e perde di significato. Allora è per questo che è giusto ricordare un personaggio come Bazzoni, architetto, urbanista, paesaggista, etologo, ambientalista, docente, teorico della partecipazione pubblica e privata, fotoreporter, guida turista, oltre ad essere un gran divulgatore verso i media per “aiutare a saper vedere”. I temi affrontati nel libro sono di una attualità sconvolgente..la bellezza, il tempo, la natura, la comunità, elementi di una battaglia combattuta ogni giorno sul campo e con una scrittura vivida e chiara.

Milanese, classe 192, Bazzoni, dopo essersi laureato nel 1951 in Architettura, diventa assistente di Composizione architettonica al Politecnico di Milano dove vi rimane fino al 1968. Edifici pubblici, parchi archeologici, consulenza urbanistica e tante lezioni sono il suo patrimonio genetico. Iniziò con Italia Nostra dal 1964 al 1989 e nel FAI dal 1975 al dicembre 1996, data della sua scomparsa.  Nel 1975 fondò il FAI sull’esempio del National Trust inglese che tanto ammirava. Bazzoni aveva il merito di sapere coinvolgere intellettuali, artigiani, ma anche nobildonne come apprendisti, urbanisti e turisti della domenica con lo scopo di salvare il nostro patrimonio ambientale e artistico e tanto si battè anche per la conservazione dei nostri monumenti. La stessa cosa la fede l’architetto Luca Beltrami che a cavallo tra Ottocento e Novecento riprogettò Milano e creò tanti edifici importanti, una parte del vaticano, visse anche a Parigi dove si occupo’ con Garner dell’Opera e dell’Hotel de Ville. Il primo omaggio glielo feci io con una  bella mostra alla Triennale in 4500 mq. con un catalogo edito da Electa sempre a mia cura e l’allestimento di Marco Albini. Mi avvalsi di curatori validi come Vincenzo Fontana….e altri. Ma mai nessuno durante la sua vita e neppure fino al mio omaggio (mi laureai a Ca’ Foscari a Venezia con una tesi in suo onore). Oggi due piccole mostrine lo stanno ricordando, una appena finita alla Banca Commerciale in Piazza della Scala (una sua creazione) e una al Castello Sforzesco (che rimise in piedi dalla distruzione dell’accampamento delle truppe spagnole, inclusa la Torre del Filarete colpita da un fulmine che esplose con tutte le munizioni e le granate dentro); quello che mi scandalizza è che l’assessore Corno alla Cultura del Comune sotto la guida del sindaco Pisapia, abbia rilasciato dichiarazioni che questa del Castello è la prima mostra che onora Beltrami dimenticato da sempre. Anche Palazzo Marino come la Ragioneria centrale furono create da Beltrami, così come il Cordusio e i suoi palazzi, via Dante, la Sinagoga Guastalla, la Permanente, la casa di via Cappuccio e numerosi furono i restauri scientifici e conservativi che attuò in tutto il territorio. Chiudo dicendo che dopo la costruzione del Corriere della Sera che diresse per un anno con Abertini, si diede alla scrittura e donò tutta la sua raccolta vinciana all’Ambrosiana. Fu anche senatore del regno. Ma mi fermo qui se no esco fuori tema.

L’impegno di Bazzoni, per tornare al FAI gli valso numerosi riconoscimenti internazionali tra cui la medagli d’onore di Europa Nostra, arrivata anche qui qualche mese dopo la scomparsa. Per Beltrami il primo riconoscimento lo ebbe nel 1997 da me, si consideri che morì nel 1933. Andrea Carandini, presidente del FAI (Giulia Maria Mozzoni Crespi lo fu per anni, ora è presidente onorario, affiancata sempre dal dottor Magnifico), ha scritto nella prefazione del libro: “…abbiamo alle spalle, come Dioscuri della cultura riguardo a territori e cose Antonio Cederna e Renato Bazzoni, entrambi di Italia Nostra come la signora Crespi, un intellettuali e imprenditori al servizio del pubblico e del privato, sempre con generosità appassionata e con l’occhio attento, pronti a contestare e a denunciare ogni assolto al patrimonio storico e artistico della nostra nazione con l’aiuto anche della stampa…” Oggi la stampa non è così attenta perché vi sono editori che pensano più alla politica e all’imprenditoria che al Bene comune e tra i giornalisti spesso regna ignoranza e supponenza, lo vedo stando in redazione e lo sento da colleghi di altri giornali che hanno passato la cinquantina che “era meglio quando si stava peggio”; oggi regna l’anarchia e il pressapochismo.


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