SAINT JUST. LA VERTIGINE DELLA RIVOLUZIONE DI STENIO SOLINAS(NERI POZZA EDITORI)

E’ un piacere infinito parlare dell’uscita di un nuovo libro di un amico e di un collega, editorialista e inviato. Ora anche editore con la Casa Editrice Settecolori. Il libro di Stenio Solinas, Saint-Just. La vertigine della Rivoluzione (Neri Pozza editore, 173 pagine,18 euro), è un saggio-biografia su uno dei personaggi più affascianti e più inquietanti della Rivoluzione francese si presta ai diversi livelli di lettura. Il primo riguarda la sua attualità ,che ha a che fare con i momenti di crisi dei sistemi politici, quando cioè viene meno il rapporto di fiducia fra il cittadino e lo Stato, quando il popolo non si sente più rappresentato, quando i margini di mediazione si riducono sempre di più e la tentazione del ricorso alla violenza si fa minacciosa…E’ allora che lo scontro politico-ideologico si carica anche di contenuti e valori morali o sedicenti tali: il tuo avversario giudicato non per le sue idee, ma per la sua vita privata, con tutto un corollario polemico fatto di derisione dei suoi aspetti fisici, prese in giro e giochi di parole sui nomi eccetera… Ecco, tutto questo, al suo diapason, è stato vissuto da Saint-Just due secoli fa e se uno guarda le sue prese di posizione di allora, può trasferirle all’oggi

: la virtù repubblicana, il diritto alla felicità, i poveri come potenza della terra…A ciò si può poi aggiungere la giovinezza, che oggi è quasi una categoria sociale e di cui Saint-Just, ghigliottinato a 27 anni, è una sorta di emblema: bello, letterato, intransigente…

Il secondo riguarda il ruolo e il peso della stessa Rivoluzione francese dal 1789 ai nostri giorni. E’ indubbio che essa segna la nascita del mondo moderno in Europa. Scompare quello vecchio, che non era soloun Ancien Régime, ma un modo plurisecolare di regolare la vita, l’economia, i rapporti sociali, quelli religiosi…Quando scoppia, Saint-Just non ha ancora vent’anni, è uno studente di legge con velleità di scrittore. Nel giro di pochissimo diverrà una figura di spicco in quel gran sconvolgimento, sia dal punto di vista politico, sia da quello militare. Sarà il membro inflessibile del Comitato di Salute pubblica, il rappresentante implacabile della Convenzione presso le armate del Reno e del Nord. E’ una meteora che si consu

ma in meno di due anni. Eppure: “Io disprezzo la polvere di cui sono composto e che vi parla. Si potrà perseguitarla e farla morire, questa polvere! Ma io sfido chiunque a strapparmi la mia indipendenza di vita che io mi sono dato nei secol e nei cieli”. Sotto questo aspetto, ciò che ne deriva come paradosso, è il suo sogno di una repubblica romana, se non spartana, dove cioè l’elemento forte è comunitario, non individuale, dove non c’è collettivismo, ma neppure capitalismo senza regole, dove il denaro è un elemento secondario del rispetto sociale. Il tutto può sembrare anacronistico, ma rispetto al suo tempo non lo era affatto. Si tende sempre a leggere la Rivoluzione francese con lo sguardo lungo di chi sa ciò che successe dopo. Ma quelli come Saint-Just la vissero giorno per giorno e non avevano un futuro cui rifarsi, ma solo un passato cui attingere e ispirarsi. Ed era la lezione di Roma e della classicità l’unica che potesse essere recuperata una volta che l’età dell’assolutismo e del diritto divino dei re era stata spazzata via.
Va anche detto che una lettura ideologicamente frettolosa della Rivoluzione francese in termini marxisti ha proiettato Saint-Just nel leninismo della Rivoluzione d’ottobre, in specie nella visione trotskista della stessa. Più in generale, l’appello all’azione, alla decisione e alla disciplina ne hanno fatto anche un contemporaneo di un certo arditismo eroico di matrice fascista…Si tratta di letture interessanti e però parziali, in linea del resto con la caratterizzazione fortemente ideologica della storiografia novecentesca. Ciò che ne resta fuori è l’uomo, un individualismo più forte della stessa causa rivoluzionaria che egli intende servire, impermeabile ai tatticismi della politica politicante anche quando si traveste da politica dell’emergenza.
Questo spiega anche perché Saint-Just piace agli intellettuali: non ha l’aridità dei politici puri, tipo Robespierre, non è vittima della bulimia di potere, come Napoleone, non ha il cinismo disinvolto di un Talleyrand. E’ un poeta mancato, nonostante un poema di migliaia di versi, un saggista in ritardo sul suo tempo, un drammaturgo autore di una sola commedia…Però è anche uno che tiene diari, che vagheggia costituzioni e istituzioni, che non ha paura di andare al fronte, insomma l’uomo d’azione che prende il posto e/o si sovrappone all’uomo di pensiero, l’esteta armato, dunque. In più, se n’è già accennato, è giovane, cioè c’è in lui tutta l’estetica e l’etica della giovinezza: grandi ideali, grand impresa, grandi giuramenti, grandi fedeltà a sé stessi, nessun calcolo, sempre l’eminente dignità del provvisorio…Scrittori come Camus ne hanno fatto una sorta di anticipatore del nichilismo rivoluzionario novecentesco, scrittrici come la Yourcenar ne hanno sottolineato il combinato disposto fra erotismo, eroismo, estremismo. André Malraux e Pierre Drieu La Rrochelle, pur se da fronti ideologici contrapposti, lo hanno ritratto come la risposta francese alla decadenza, il richiamo alla Francia, alla nazione, all’orgoglio.
In conclusione, un saggio pieno di spunti e di suggestioni, sorretto da uno stile brillante. Non perdetelo….


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