SUPERSTAR E IL NUOVO NEOREALISMO A VENEZIA

Ha fatto discutere oggi la proiezione del film di Xavier Giannoli dal titolo “Superstar” con due bravi interpreti come Cecile de France e Kad Merad, rispettivamente la prima nelle vesti di una giornalista di una televisione francese privata e il secondo nei panni di un impiegato che si ritrova improvvisamente famoso senza sapere il perchè. Il film è una analisi e insieme una riquisitoria contro lo strapotere dei network e della pubblicizzazione della vita privata e insieme una riflessione sulla manipolazione di massa nel XXI secolo.

Gli attori sono convincenti, ma come spesso accade nella cinematografia francese nel tentativo di essere brillanti e profondi, filosofici e insieme divertenti, pellicole di questo genere hanno il difetto della eccessiva lunghezza da un lato e della vacuità  dell’assunto di base. Proprio perchè tutti oggi possono essere anche se per un breve istante famosi, resta inspiegabile il meccanismo che trasforma un famoso per caso in un “caso esemplare”.

Il lieto fine del film che ipotizza una relazione amorosa fra la giornalista rampante e apparentemente cinica e la superstar suo malgrado, non aiuta il film confinandolo in una realtà irrisolta dove nella tragedia e nella commedia giungiono a un epilogo. Matteo Garrone con “Reality” aveva in fondo colto in maniera esemplare la vera realtà della società contemporanea nella quale l’apparire resta comunque più importante dell’essere. Per certi versi anche l’ultimo film di Woody Allen “from Rome with love”, nel capitolo interpretato da Benigni toccava lo stesso problema di superstar, la pubblicità non voluta: ma più pragmatico come lo sono gli americani rispetto ai francesi, il protagonista del film di Allen soffriva quando non era più riconosciuto dalla gente, a differenza di quello di Giannoli.

Diventare famosi di colpo è altrettanto facile come diventare poveri improvvisamente. Ne sono un esempio alcuni fil neorealisti in conconso, in particolare quello di Ivano De Matteo, nella Sezione Orizzonti dal titolo “Gli equilibristi”, nelle sale dal 14 settembre, che parla della Comunità di Sant’Egidio e che ha come interpreti Valerio Mastrandrea e Rosabel Laurenti Sellers. Il regista lo ha scritto con la moglie Valentina Ferlan, dove si racconta la storia di un quarantenne (Mastrandrea) che si separa dalla moglie Barbara Bubulova a causa di un banale tradimento. I suoi 1200 Euro di impiegato comunale non bastano più per una moglie, una casa e i figli. La storia del separato è solo un pretesto per raccontare la storia di “nuovi poveri”. Un’esperienza toccante è quella della Comunità di Sant’Egidio e di ciò che si dice durante la cena tutti in comune; le esperienze sono tante, diverse, eppure si assomigliano e con Monsignor Zuppi per la prima volta la Chiesa di Roma entra in scena al Festival di Venezia.

Il disagio sociale generale e la crisi sempre più incombente entra nelle sale cinematografiche e nelle coscienze della gente che sembra disinteressarsi di quei tanti casi e aumentano di giorno in giorno e che un domani potrebbero capitare a chiunque di noi. A volte raccontare verità così estreme sembrainverosimile, eppure la tranquillità fa in fetta a svanire e il benessere alscia spazio persino alla fame. Di lavoro non ce ne è quasi più e con l’età che avanza dai 45 anni si è tagliati fuori. Un giovane costa meno e a questa società l’esperinza e la capacità sembrano interessare poco, meglio bravi tecnici ubbidienti da sostituire, sempre quando è possibile sostituire. Ma se non c’è lavoro neanche giovanile, nemmono le pensioni possono essere godute. La speculazione finanziaria internazionale dilaga così pure l’egoismo degli individui.

La soggettista Valentina Ferlan sostine: “La parte più interessante è l’onestà del protagonista, del soggetto debole. Preferisce andare a messa, dormire in maccchina pur di non privare il necessario alla sua famiglia. E’ un uomo per bene ed è terribile constatare come la sorte a volte si accanisca sui migliori”. Equilibristi della busta paga, emarginati in un mondo dove anche un figlio si vergogna invece di apprezzare le fatiche e il disonore che può provare un genitore. In questo caso ci si riferisce all’11 per cento di nuovi poveri che ogni anno si aggiungono alla lista nera  così bene raccontata dal film neorealista di De Matteo. Una lezione anche per i più giovani.


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