THE JUPITER’S MOON. IL FILM IRANIANO CRUDO E REALISTA CHE FA DISCUTERE A CANNES. UN OMAGGIO AD ADALBERTO LIBERA E LA SUA BELLA VILLA DI CAPRI PER MALAPARTE

liberaimagesLa cinematografia siriana, come quella turca, oggi scomparsa per via di un dittatore ignorante, ha sempre prodotto buoni film. Quest’anno la scelta ha voluto essere dura: il che significa arrivare a Cannes con una realtà forte e cruda che rispecchia i problemi di oggi.

Una parabola sulle miserie del mondo dominato dal male ma forse sul quale un occhio salvifico arriva da angelo…Si parte bene, si finisce male. The Jupiter’s Moon, La luna di Giove, racconta di un giovane siriano, Aryan, che nel cercare di passare la frontiera ungherese rimane ferito dai colpi di pistola di un poliziotto. Lo prende in cura il dottor Stern, chirurgo licenziato dall’ospedale in cui lavorava per aver causato, ubriaco, la morte di un paziente. E’ cinico, Stern, perché la vita lo ha tradito e dalla vita ormai non si aspetta più nulla: vuole solo fare soldi e andarsene. Avendo scoperto che il giovane Aryan, grazie a quei fori di proiettile nel torace, è in grado di levitare, pensa di sfruttare questa sua dote: viviamo in un’epoca in cui i miracoli si comprano e lui vuole vendere questa visione di un “angelo” che si alza in volo sulle miserie del mondo. Del resto, Aryan è figlio di un falegname… Gli avvenimenti però precipitano, mischiati ai profughi ci sono anche dei terroristi e Stern e Aryan si ritrovano testimoni di un attentato di cui il secondo diventa il principale indiziato. Per salvarlo, Stern sacrificherà se stesso.

Costruito come una sorta di parabola, La luna di Giove si perde per strada, senza un vero perché: il dono angelico di Aryan non spicca mai veramente il volo, il cinismo ateo di Stern è ripetitivo e il suo volersi riscattare lascia il tempo che trova. Gli attori hanno belle facce segnate, qui e là ci sono dialoghi efficaci, la brutalità della polizia ha il suo diva 11imagescontraltare nello  stragismo fondamentalista, e insomma il film manca di un centro. Il titolo rimanda ai satelliti e agli oceani nascosti di quel pianeta, ma più che una metafora resta un enigma. Si uno strano piate questo di Aryan e un sacrificio per salvarlo che sta a significare il “possibile” a ma a caro prezzo. Diviso il pubblico e la critica. In ogni caso il film fa riflettere.

Mentre si proiettano film e si susseguono le conferenze stampa con attori e registi la vita sulla Costa Azzurra è fatta da chi lavora sodo e dal bel mondo, da dive o registi che si dnno a festi in ristoranti, hotels, ma anche su panfili ormeggiati in rada. Gli sponsor non si contano.


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