TUTTE LE DONNE DI CHARLIE…
“ Noi non uccidiamo le donne” hanno detto d fratelli Kouachi obbligando la disegnatrice Coco ad aprire la porta d’ingresso della redazione del giornale satirico Charlie Hebdo. “Coco”, la brava disegnatrice conosciuta in tutto il mondo, impegnata ogni anno in una cittadina della Loira Atlantica, Carquefour, per il festival dei caricaturisti, il cui vero nome è Corinne Rey, si è salvata mentre a viso coperto i due fratelli Kouachi le puntavano i kalashnikov alla testa ingiungendole di schiacciare il codice di accesso del portone blindato della redazione. I due fratelli le hanno detto “Ti risparmiamo perché sei una donna” e lei madre ha poi confessato di essersi sentita fortunata di potere vedere ancora i suoi figli, ma dentro la redazione il fuoco dei due terroristi islamici non ha risparmiato la psichiatra di 54 anni, Elsa Cayat.
A terra è rimasto anche il più famoso disegnatore di Francia Wolinski che per tutta la sua vita aveva fatto dell’elemento femminile il centro della sua satira e della sua passione, sostenendo le battaglie di emancipazione femminile con un occhio ironico e appassionato. Wolinski se ne è andato lasciando sulla scrivania del suo studio di casa, ricco di luce tante carte e i libro di Houelebecq. Lo raccontano la moglie Maryse e le sorelle Ella e Louison del celebre disegnatore ottantenne e raccontano anche anni di vita passati insieme. “Anche nostro padre è stato ucciso. Siamo cresciuti praticamente soli. George fino da bambino era uno che ti faceva ridere, letteralmente piangere dalle risate”. Maryse, era una donna dalla bellezza radiosa e piccante, proprio il modello delle fantasie di Wolinski “le parigine libere da pregiudizi e da culottes”. “Bisogna nazionalizzare la felicità” era solito ripetere Georges. In redazione di Charlie c’era sul tavolo di Wolinski, il “grande anziano” un articolo di Le Point per il suo ultimo libro quello in cui le donne si sposano tra di loro dal titolo “Il più fallocrate dei femministi, pubblica il suo primo romanzo grafico….”. La moglie ricorda che davanti alla Venere del Botticelli a Firenze pianse dalla commozione per tanta bellezza. Era buono e sensibile. Maryse gli ha dato una figlia, Elsa. Dalla sorella Ella escono tutti i segreti e i ricordi d’infanzia: “Eravamo erbrei ma non praticanti. I nonni erano di Tunisi e tenevano tutti gli oggetti di culto per la Sinagoga, noi ci divertivamo e scoprivamo un mondo nuovo specie quando tutti i giorni il nonno prendeva il caffè con il grande Imam della Tunisia Sid’Hamoud e gli diceva scherzando che si un giorno ci sarebbe stata la Guerra Santa lo avrebbe ucciso. Il padre era un ebreo polacco sbarcato in Tunisia. La madre era di origini italiane, livornesi. Prese da lui la tubercolosi e morirono in due non prima di raggiungere la Francia. Quando videro la loro madre era nel 1945, piccola e con un fagottino che teneva stretta a se. “C’era uno zio Victor, fratello maggiore della mamma che ci aiutò, ma essere orfani è terribile, era un rappresentante del partito Comunista a Tunisi. Era stato in campo di concentramento e liberato dagli americani. Con Georges disegnavamo tantissimo. Fu nel 1953 che ci trasferimmo a Parigi, vivevamo nelle Banlieu lavandoci in cucina, il bagno era in cortile e Georges dormiva in soffitta. Mangiavamo in un negozio vicino perché in casa non ci stavamo e poi era la miseria. Al liceo c’era una brava storica del partito comunista e un bravo filosofo riconvertito all’Islam. Fu allora che George incontrò un’altra moglie, bella come una vestale greca e di famiglia benestante. Lascia la famiglia e si mette a insegnare. Ebbero due figlie, Federica e Natasha. Jaqueline ebbe un incidente e morì. Georges si ruppe solo un braccio, dormiva sul sedile di dietro. Questo secondo lutto, dopo quello del padre, fu duro da superare. Il sui irriverente spirito di rivolta forse nacque da tanta sofferenza. Nei confronti delle donne nel periodo di vedovanza il suo atteggiamento assume forme maniacali. Diceva sempre che un umorista non può credere nella religione. E lo scrisse. “Perciò l’umorista è un uomo solo e ha paura. La paura della morte in particolare, nulla può guarirla”. Il suo tratto divinatorio era stato Cavanna l’autore di “Ritals”, spiega sempre la sorella aggiungendo che era un amico carissimo con la voce roca e commossa, ma la moglie Maryse con il sui piglio militante la ferma e le dice che non bisogna piangere anche perché Georges era il genio delle risate.
Nemmeno la moglie di Charb, Jeannette Bougrab (ex sottosegretario alle Politiche Giovanili nel Governo Sarkozy) è caduta fisicamente sotto le armi dei due fanatici jihadisti, Cherif e Said Kouachi. Nelle parole dalla compagna pronunciate per ricordare Charb, diminutivo Charbonnier, direttore del settimanale satirico, si può misurare l’effetto devastante da lei subito. “I colpevoli sono coloro che accusavano “Charlie Hebdo” di islamofobia…”. La vedova di Stephane Charbonnier non fa sconti a quelli che chiama “Gli indignati della Repubblica”: “Charb è morto in piedi. Difendeva la laicità. E’ stato giustiziato con i suoi compagni. Tutti questi disegnatori meritano il Pantheon – e commossa ha avvertito: è stata dichiarata una guerra in Francia. Se avete in mano una matita vi ammazzeranno”.
Era una donna anche la poliziotta che i terroristi hanno freddato durante una corsa in auto per raggiungere un altro obbiettivo, la scuola ebraica nel tentativo di fare una strage di ragazzi. Durante la sbandata con l’auto quando la poliziotta ventisettenne, di nazionalità francese, Clarissa Jean Philippe si è avvicinata al guidatore è stata colpita freddamente anche lei e il che dimostra che la fede e gli ideali poco importano quanto si è in “stato di guerra”. E del resto nel commando che ha pianificato la strage che ha messo in ginocchio Parigi c’era anche una donna, Hayat Boumedienne di 26 anni, la compagna di Amedy Koulibaly l’altro terrorista asserragliato nel centro commerciale con un complice e che pare sia riuscita a raggiugere la Siria tramite la Turchia. Un esempio diverso, ma che dimostra che in ogni caso per le cellule islamiche terroristiche, il rispetto per la donna non c’è, e che il suo utilizzo vuoi come donne soldato addestrate e pronte a morire in nome del Profeta o come bombe umane mandate a esplodere contro obiettivi civili e militari, non risparmiando nemmeno le bambine, fa di loro non persone da rispettare perché esseri più deboli e più fragili, se mai oggetti da sfruttare in nome di una finta parità.
Inutile ricordare che nella società islamiche, a seconda delle nazioni, la donna continua ad avere una posizione subordinata prettamente connessa alla sfera familiare, umiliata e venduta sul piano fisico, tenuta nell’ignoranza e vittima di ogni sfruttamento.