VITA AMOROSA …DI FUKUDA ALLA 79a MOSTRA CINEMA VENEZIA

L’altra faccia del Giappone. Un duplice terremoto emotivo sconvolge la vita di Taeko, felicemente risposatasi da un anno con Jiro, nonostante l’opposizione del padre di quest’ultimo, che per il figlio non avrebbe voluto una moglie divorziata e per di più già con un figlio, il piccolo Keita. Un’incolpevole disattenzione, la vasca da bagno non svuotata, e giocando sul bordo con un areoplanino il bambino scivola, batte la testa, sviene e affoga.

La morte di un figlio è una tragedia da cui difficilmente ci si risolleva, ma ai funerali compare all’improvviso il padre biologico di Keita, Park, quel padre che senza un motivo e senza una spiegazione se n’era andato via anni prima. Coreano, sordomuto alla nascita, in quell’arco di tempo è diventato un barbone: dorme nei parchi, nelle cabine telefoniche, dove gli capita. Che gli sia morto il figlio lo ha appreso da un articolo di giornale capitatogli per caso nelle mani, perché   Keita era un campione in erba di Otellho, una specie di dama molto popolare praticata in Giappone.

Love life, Vita amorosa, di Koji Fukada, è un po’ la sorpresa in concorso di questa 79° edizione della mostra. E’ un film delicato, a tratti struggente perché la compostezza giapponese, l’attenzione quasi esagerata per le forme, il decoro, il rispetto, costringe il dolore dentro schemi comportamentali che lo regolano, ma non per questo sono in grado di attenuarlo. Non a caso, l’unico che nella camera ardente esprime violentemente la sua disperazione e la sua rabbia è proprio quel padre coreano che dalla vita è stato già colpito, che nella vita è andato via via alla aderiva…

Grazie a una fotografia di quieta luminosità, Love life è il racconto di come il passato possa riaffacciarsi e di quanto il senso di colpa possa divenire voglia di espiazione da un lato, di fare qualcosa, di dare una mano dall’altro, nonostante tutto. All’inizio Taeko aveva cercato di ritrovare Park ed era in questa sua ricerca che aveva conosciuto Jiro, manager di un centro sociale per gli aiuti ai senza tetto, e se ne era innamorata. Così, quando per caso e ormai felicemente sposata lo aveva intravisto su una panchina, aveva fatto finta di nulla, era stato lei questa volta, ad abbandonarlo. Ma adesso che è tornato, che fare?

Costruito con molta sapienza psicologica, Love Life ci racconta un percorso sentimentale dove ciascuno deve fare i conti con la parte nascosta di sé stesso, le proprie debolezze, il desiderio di non essere più di tanto coinvolti. Jiro, per esempio, ha voluto sì sposarsi, nonostante l‘opposizione paterna, il che, in una società tradizionale qual è quella del Giappone, non è da poco. E però sente ancora un’attrazione per la sua ex fidanzata, di cui alla moglie non ha mai parlato. Quanto a Park, che all’apparenza è l’anello più debole della carena, ci sono in lui astuzie e bugie infantili, grovigli sentimentali impossibili da sbrogliare: un’altra moglie abbandonata, un altro figlio…

Già autore di Harmonium, con cui nel 2016 vinse a Cannes il premio della giuria del Certain Regard, Koji Fukada riesce a fare di Taeko (l’attrice Fumino Kimura) una figura femminile la cui dolce tenacità si impone. Anche lei ha già conosciuto il dolore, anche lei sa che nella vita di coppia l’amore non ha, per chi ne fa parte, la stesa intensità, e che il destino colpisce quando meno te lo aspetti, ma non per questo ci si deve arrendere, non per questo si deve smettere di sperare e di amare.


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