GUERRE DI OGGI CON UN OCCHIO A QUELLE DELLA EX JUGOSLAVIA…LA LIBIA GOVERNATA DA GHEDDAFI ERA PER L’EUROPA UN PORTO FRANCO COME ERA LA RUSSIA PER ANNI
Siamo in tema di guerra, guerre ovunque, guerre offuscate dall’odio, guerre di espansione, guerre per afre affari con le armi. .Vergogna per Israele, impunito, niente sanzioni, no denunce per crimini di guerra all’Aia, non ripettare i giorni di tregua con Gaza, invadere il Libano e sazionarvi con le truppe…poi ci si lamenta di Amas. Io sto con Putin grande statista e non un burattinaio che ha fatto una fiction e l hanno eletto presdente dell Ucraina per combattere contro Putin per la riunione della Russi, cin capitale Kiev storica città capitale di un impero tanto vasto che ce lo sognamo. Siamo in balia di fanfaroni, come il presoidente american
o, vuole i dazi , finanzia guerre, pretende la Groenlandia, il Canada…lotte su tutti i fronti e fa spot nei tg con
Mask..povero iliardario…vuole che noi ci armiamo, promette e non mantiene. Al secondo mandato ha fatto cadere le borse in America e la loro crisi lha portata in Europa. Vuole i nostri Dazi, minaccia..Che vergogna!! Ma dove sta la politica? La diplomazia, Non riesce neanche a fermare mezza guerra. Panama l hanno chiusa li..patetici..Come si fa a dure che l’America è un Paese democratico..caro Rampini?! Faccaimo qualche passo indientro sulla guerra nella ex Jugoslavia, dopo che se ne è andato Tito il disastro,,,come disastro è stato incolpare che la nazione guidata da Gheddafi, la Libia riusciva ad avere rapporti con l?ccidente , con L’Europa ne beneficaiva e dopo alcuni tentativi di farlo fuori mori’ per mano dei francesi che butto bombe e poi fu deciso il massacro per stanarlo. Da allora insorse ogni tipo di terrorismo. In Irank Saddam Hussein perse il potere e fu ammazzato per degli americani e dellInghilterra, tanto per cambiare. Se ne stiano a casa loro e dopo stermini di gente
bambini e città antiche ora degrado miseria anarchia.dicevano la solita palla che c’era un un deposito di armi nucleari. Nulla di provato poi di fatto. La Cina è all’erta e anche sugli aiuti umanitari è prontaa prendere il posto di cio’ che non vuole piu’ fare l’america che pure ci guadagnava. Borse a Picco dunque e tanti interrogativi e il pil cala…Mannaggia alle maledetta auto elettriche che peraltro si incendiano. Hanno apura i Garagem, i condomini ad averle nei cortili..W i nostri bei motori a benzina numeri uno in tutto il ondo…Ma torniamo alla Ex Jugoslavia che qualche cosa dice, ci rinfresca la memoria. Tito riusci’ a tenere isieme un sacco di stati e morto lui con il plauso di tanti dìfu sangue su sangue..Il responsabile dei diritti piu’ efferrati all’Aia lo giudicarono anni dopo ma visse parecchio e non poi cosi male.
Vergogna. Alla gogna anche il presidente ebraico ma soprattitto il primo ministro Benjamin Metanjahu (indipendenza nel 1948) invasore di Gaza e Libano contina anche durante le tregue ad uccidere e lancaire bombe sui pochi supestiti, bambini morti, gambe ambutate fame, manca acqua, luce, medicine, ospedale abbbattuti, memtre insedia coloni finge di prendersela solo vcon Amas , ma la Palestina deve essere uno stato libero e non fare parte di Istraele, Nessuno lo ha condannato per crimini di guerra e nessuno lo ha denucaitoi all Aia. Americani, Inglesi ne danno il sostegno, certo sono gli ebrei ricchi in America a dare soldi per elezioni . Se ne stiano a casa loro. Stessa cosa è stata fatta in Uscraina, appoggi, navi ..porta-aerei.bombe. armi, anche la germania gliene ha fornite e l’Italia addestrava i cretini soldati di Zelewski. Torniamo alla storia per capire il presente.
All’indomani della Seconda guerra mondiale, quella che, rispetto a come ci si poneva geograficamente, veniva chiamata ora Europa centrale, ora Europa orientale, cominciò il suo riassetto nell’orbita sovietica. Per ironia della storia, un conflitto che aveva avuto inizio per difendere la Polonia dalla Germania nazista si chiudeva con la Polonia, già precedentemente smembrata dal patto russo tedesco Molotov- Ribbentrop, consegnata senza fiatare al giogo sovietico, così come la Cecoslovacchia, l’Ungheria, la Romania, la Bulgaria…Winston Churchill, che era un maestro di parole più che di strategia politica, avrebbe di lì a poco coniato l’espressione “cortina di ferro” per definire ciò che sull’Est Europa, terza e ultima definizione geografica di quei territori, si stava abbassando ed era sempre dello stesso Churchill la brutale constatazione di aver ucciso “il porco sbagliato”, alludendo al maiale nazifascista sacrificato in favore del maiale comunista…
Sempre di Churchill era una terza frase, usata per la questione balcanica, o più semplicemente per quel regno di Jugoslavia nato a fatica con il dissolversi dell’impero austroungarico dopo la Prima guerra mondiale. Due anni dopo lo scoppio della Seconda, la dinastia lì regnante dei Karadordevic, nella persona di Pietro II, aveva trovato rifugio presso la corona inglese e formalmente erano lei e i suoi seguaci che Londra aveva promesso di riportare al trono e al potere a guerra finita quanto vittoriosa. Nel frattempo tuttavia si era avuta anche una resistenza partigiana a guida e con l ‘appoggio comunista, quella di Iosip Broz, detto Tito, e Churchill aveva cominciato a chiedersi se avesse ancora senso continuare ad appoggiare la guerriglia monarchica o se buttarla a mare e preferirle l’opzione titina. Questo significava però che un domani Belgrado sarebbe stata repubblicana e comunista e che insomma l’Oriente sarebbe arrivato a lambire l’Occidente. Alle rimostranze di chi, essendone stato testimone sul campo, riteneva quell’opzione totalitaria nei metodi così come nell’ideologia, il premier britannico si era limitato a replicare, brillantemente va da sé, che per quanto lo riguardava non aveva nessuna voglia di andare a vivere un domani in Jugoslavia e che consigliava ai suoi critici di fare altrettanto…
Nell’ottobre del 1945, mentre a Norimberga si processavano i criminali nazisti, Tito era intanto diventato il presidente della neonata Repubblica federale Jugoslava, che, con il trattato di pace di Parigi due anni dopo, si sarebbe allargata a quasi tutta l ‘Istria e a gran parte della Venezia Giulia e sarebbe entrata nel Kominform, l’organizzazione dei partiti comunisti di Urss e di tutti i Paesi dell’Est Europa, ma anche dell’Italia e della Francia. Ancora un anno e, nel 1948, Tito sarebbe entrato in rotta di collisione con Stalin, in quanto sostenitore di una via nazionale al socialismo, ed espulso dal Kominform per “deviazionismo ideologico”. A Belgrado e per tutto il Paese si scatenò allora la caccia agli stalinisti jugoslavi, gli stessi che, sino al giorno prima, non erano stati altro che comunisti jugoslavi: esecuzioni, arresti, finti processi e vere condanne e la costruzione fra le tante altre prigioni, di un’intera isola come gulag, quella di Goli Otok..
E gli inglesi, che fine hanno fatto, si chiederà il lettore? Hanno naturalmente riconosciuto la Repubblica jugoslava e mandato un loro ambasciatore nella capitale, ma con il solito miscuglio di supponenza, cinismo e dilettantismo continuano dalla madrepatria a tessere la tela di improbabili se non improponibili ritorni monarchici: dopo tutto Pietro II se ne sta ancora in esilio a Londra…E’ in quest’ottica che l’MI6, ovvero la sua rete di spionaggio verso l’estero, ha spedito, con la qualifica ufficiale di addetto stampa dell’ambasciata di Belgrado un agente: si chiama Lawrence Durrell, ha già fatto qualcosa del genere in maniera superficiale in Egitto, di professione fa lo scrittore.
Durrell è uno dei protagonisti di Il trio di Belgrado (Bottega Errante Edizioni, traduzione di Enrico Davanzo, 222 pagine, 17 euro), il bel romanzo che Coran Markovic ambienta in quel 1948 così tragico e destinato a segnare in negativo la storia della Jugoslavia: come dice infatti l’autore, la creazione di Goli Otok è “la più grande tragedia avvenuta dopo la Seconda guerra mondiale in Jugoslavia, un Paese che in quegli anni aveva smesso di esistere”.
Durrell è anche quello su cui Markovic ha narrativamente più lavorato, nel senso che ha supplito all’assenza di una documentazione ufficiale d’archivio sulla sua attività spionistica, con una sua ricostruzione che per quanto non accertata è verosimile. Trentaseienne all’epoca, inglese sui generis, nato in India e vissuto per gran parte della sua vita altrove, piccolo di statura, un metro e sessanta appena, non brutto, ma stranamente infantile nel suo insieme, un adulto con le misure e le fattezze di un bambino, già sposato e divorziato, e arrivato a Belgrado con la nuova compagna e di lì a poco moglie, Eve, appena ventenne, più famigerato per vie delle sue intemperanze sessuali e alcoliche e le sue amicizie “pericolose” (Henry Miller, Anais Nin…) che famoso per i suoi libri, Durrell fece la spia con la stessa irruenza e disprezzo per le regole ostentate nella vita pubblica e privata. Si innamorerà della sua insegnante di lingue, cercherà di farla evadere di prigione, verrà arrestato più volte e infine espulso, ma quel suo modo di agire, convulso, inconcludente e tuttavia cavalleresco, lascia la sua striscia luminosa all’interno di un clima cupo e desolante, dove tradimento, corruzione e violenza sono all’ordine del giorno…
Costruito attraverso lettere private, pagine di diario, verbali di polizia, articoli di giornale, conversazioni riservate e messaggi in codice decrittati, Il trio di Belgrado racconta soprattutto un clima, un’ideologia e un’epoca. Sono gli anni in cui la Jugoslavia si riscopre forzatamente quanto interamente comunista, ma è un comunismo che divora sé stesso nel suo andare in cerca di deviazionisti, lo stalinismo, ovvero la fede a la fedeltà all’Urss che improvvisamente diventa troskismo, così come troskisti diventano i titini agli occhi di Mosca…Ne consegue un apparato repressivo dove non è sufficiente il carcere e la pena, ma il fine ultimo è la rieducazione, ovvero l’annichilimento della persona, il rinnegamento di tutto ciò in cui si è creduto e che ha dato un senso alla propria vita. Nulla è in grado di resistergli: amicizie, amori, legami familiari… Tutto questo, naturalmente, se non è arrivato prima il colpo di pistola alla nuca o il nodo scorsoio del boia di turno…
Sotto questo aspetto, Il trio di Belgrado resa una testimonianza agghiacciante di fino a quale punto possa spingersi per paura, sadismo, volontà di potenza, furore ideologico, l’abiezione umana.