SURREALISMO E MAGIA AL MUSEO PEGGY GUGGEHEIM DI VENEZIA

Palazzo Venier dei Leoni Dorsoduro 701 30123 Venezia (39) 041 2405 415 guggenheim-venice.it
Comunicato stampa

Surrealismo e magia. La modernità incantata
A cura di Gražina Subelytė, Associate Curator, Collezione Peggy Guggenheim
9 aprile – 26 settembre 2022
Collezione Peggy Guggenheim, Venezia

#SurrealismoeMagia

“[la magia è] il mezzo per avvicinarsi all’ignoto per vie diverse da quelle della scienza o della religione.”
Max Ernst, 1946

Dal 9 aprile al 26 settembre 2022 la Collezione Peggy Guggenheim presenta Surrealismo e magia.
La modernità incantata a cura di Gražina Subelytė, Associate Curator, Collezione Peggy
Guggenheim. Oltre venti artisti, circa sessanta opere provenienti da quaranta prestigiosi musei e
collezioni private internazionali: si tratta della prima, attesa mostra interamente dedicata
all’interesse dei surrealisti per la magia, l’alchimia e l’occulto. Da un punto di vista cronologico,
l’esposizione spazia dalla pittura metafisica di Giorgio de Chirico, datata intorno al 1915, a dipinti
iconici come La vestizione della sposa (1940) di Max Ernst, e Gli amanti (1947) di Victor Brauner, al
simbolismo occulto delle ultime opere di Leonora Carrington e Remedios Varo. La mostra,
organizzata dalla Collezione Peggy Guggenheim con il Museum Barberini, a Potsdam, si sposterà
successivamente nella città tedesca, dal 2 ottobre 2022 al 16 gennaio 2023, con la curatela di Daniel
Zamani, Curator, Museum Barberini, Potsdam.
Con il Manifesto del Surrealismo, pubblicato nell’ottobre del 1924, lo scrittore francese André Breton
fondò un movimento letterario e artistico che di lì a poco sarebbe diventato la principale avanguardia
dell’epoca. Segnati dagli orrori della prima e seconda guerra mondiale, i surrealisti rifiutano la razionalità,
scegliendo di perseguire strade alternative: i sogni, l’irrazionale, l’inconscio, ma anche la magia, la
mitologia, l’alchimia e l’occulto. Si tratta di tematiche in grado di stimolare e liberare l’immaginazione
da ogni limite, ispirando opere che possano alleviare l’umanità in un momento di turbamento e profondo
cambiamento socio-politico. Per gli artisti che gravitano nell’orbita del Surrealismo la magia diviene il
lasciapassare per una rinascita culturale e spirituale post-bellica, che permette loro di raggiungere
l’obiettivo di una rivoluzione totale, non solo materiale, ma anche della mente, una trasformazione
individuale che diventa il mezzo con cui cambiare il mondo. Nelle loro opere, i surrealisti attingono a
piene mani alla simbologia dell’occulto, legato a un sapere arcano e a processi di emancipazione
personale, e alimentano la tipica nozione dell’artista come alchimista, mago o visionario, e ancora dea,
strega, incantatrice. La mostra Le Surréalisme en 1947, tenutasi alla Galerie Maeght di Parigi nel 1947
e concepita come un’iniziazione surrealista a una visione di un mondo nuovo enfaticamente magico,
denota quanto dominante fosse l’influenza di tali interessi. Nel lungo studio su L’arte magica (1957)
Breton definisce il Surrealismo come la scoperta della magia in una modernità disincantata e
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razionalizzata, e così facendo inserisce il movimento come ultima espressione di una lunga tradizione di
“arte magica” rappresentata, ad esempio, dal pittore olandese Hieronymus Bosch, la cui fantasiosa
iconografia affascina i surrealisti.
All’origine dell’esposizione è il superbo patrimonio di opere surrealiste della Collezione Peggy
Guggenheim, opere iconiche che riflettono con grande enfasi il dialogo tra i surrealisti e la tradizione
dell’occulto. Molti artisti, le cui opere sono incluse in mostra, vengono esposti da Peggy Guggenheim,
che alla fine degli anni trenta del XX secolo è considerata una delle collezioniste più vivaci del
Surrealismo. È in quegli anni che la mecenate acquisisce familiarità con il movimento e presto diventa
intima amica di Ernst e Breton.
Surrealismo e magia. La modernità incantata ruota attorno a temi quali l’alchimia, la metamorfosi e
l’androgino, i tarocchi, la sostanza totemica, la dimensione dell’invisibile e quella cosmica, nonché
la nozione dell’artista come mago e della donna come essere magico, dea e strega. Il percorso
espositivo prende il via dai dipinti metafisici di de Chirico, che Breton considera il principale precursore
del movimento surrealista, la cui influenza fu decisiva sulla prima fascinazione dei surrealisti per magia e
occulto. Tra questi si trova Il cervello del bambino (1914), dipinto che appartenne alla collezione privata
dello stesso Breton, e che lo scrittore francese descrisse come un caso di androginia e trasformazione di
genere, “non era solo freudiano, ma anche magico”. Per molti surrealisti, l’androginia è sinonimo della
cancellazione del binomio maschio-femmina e dunque sovverte le gerarchie di potere insite nelle società
patriarcali. Il concetto di matrimonio alchemico, sinonimo di insieme coeso e dunque di uno stato di
perfezione, domina la sala successiva della mostra, che vede riuniti dopo circa 80 anni due capolavori,
La vestizione della sposa di Ernst, appartenente al museo veneziano, e il Ritratto di Max Ernst della
Carrington (1939 circa). Nel suo dipinto, Ernst raffigura la Carrington, sua compagna dal 1937 al 1940,
come strega e incantatrice, mentre la Carrington ritrae Ernst come alchimista, eremita, figura sciamanica.
Tale accostamento mette in evidenza il loro scambio artistico e gli interessi condivisi per la stregoneria,
la magia e il simbolismo alchemico e animale. Inoltre, rivela l’influenza che la Carrington ebbe su Ernst,
avendo il suo ritratto probabilmente ispirato l’opera di Ernst, realizzata successivamente, nel 1940.
Si prosegue con opere che raffigurano le infinite analogie tra uomo e natura, il micro e il macrocosmo,
come Il giorno e la notte di Ernst (1941-42). Un’intera sala è poi dedicata ai lavori di Kurt Seligmann,
artista e studioso di occultismo di origine svizzera, autore del libro The Mirror of Magic (1948), divenuto
un classico dell’occulto, ampiamente letto dai surrealisti, tra cui la stessa Carrington. Segue un affondo
sulla nozione di donna come essere magico e sul tema della sovrapposizione tra vita animale, vegetale
e umana, con opere come La donna gatto (1951) della Carrington, La fine del mondo (1949) di Leonor
Fini, La magia nera (1945) di René Magritte, Il gioco magico dei fiori (1941) di Dorothea Tanning,
L’interesse proto-femminista per alchimia, stregoneria e androginia è poi centrale in opere come I
piaceri di Dagoberto (1945), della Carrington, il Ritratto della Principessa Francesca Ruspoli (1944)
della Fini, Nutrimento celeste (1958) di Remedios Varo. La mostra si chiude infine con i temi delle forze
cosmiche e della dimensione dell’invisibile, incarnati dalle tele di Salvador Dalí, Óscar Domínguez,
Roberto Matta, Wolfgang Paalen, Kay Sage e Yves Tanguy, in un dialogo serrato che anima l’ultima
sala.
Inoltre, all’ingresso dell’esposizione, in uno spazio speciale adibito a sala di proiezione, il pubblico potrà
vedere il cortometraggio della regista d’avanguardia americana, di origine ucraina, Maya Deren, La culla
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della strega (1943), girato nel museo-galleria di Peggy Guggenheim Art of This Century, opera
incompiuta che mette in evidenza l’interesse della Deren per la stregoneria e il ritualismo.
L’esposizione, allestita negli spazi adibiti alle mostre temporanee, avrà una sua naturale prosecuzione
nelle sale di Palazzo Venier dei Leoni. Numerose opere surrealiste collezionate da Peggy Guggenheim
verranno infatti messe in dialogo con opere africane e oceaniche della mecenate. Il potente significato
spirituale delle culture oceaniche e della loro arte suscitarono di fatto una forte fascinazione sugli artisti
surrealisti, influenzando profondamente la loro rappresentazione dei processi magici e di metamorfosi.
Tra le istituzioni e collezioni private da cui provengono le opere si annoverano: Centre Pompidou, Parigi,
National Galleries of Scotland, Edinburgo, Moderna Museet, Stoccolma, The Menil Collection,
Houston, Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia, Madrid, Art Institute of Chicago, The
Metropolitan Museum of Art, Solomon R. Guggenheim Museum e Whitney Museum of American Art,
New York, Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea a Rivoli-Torino.
La mostra è accompagnata da un ricco catalogo illustrato (Prestel, 2022), con saggi di Susan Aberth,
Will Atkin, Helen Bremm, Victoria Ferentinou, Alyce Mahon, Kristoffer Noheden, Gavin Parkinson,
Gražina Subelytė, e Daniel Zamani.
A Venezia la mostra è resa possibile grazie al generoso sostegno di Manitou Fund, con un
ringraziamento speciale a Kevin e Rosemary McNeely. Si ringrazia Rubelli per il gentile contributo.
Il programma espositivo della Collezione Peggy Guggenheim è supportato dal Comitato Consultivo della Collezione
Peggy Guggenheim. I progetti educativi correlati all’esposizione sono realizzati grazie alla Fondazione Araldi Guinetti,
Vaduz. Le mostre della Collezione Peggy Guggenheim sono realizzate con il sostegno degli Institutional Patrons – EFG,
Lavazza e Sanlorenzo Yacht, e le aziende del gruppo Guggenheim Intrapresæ. Radio Italia è radio ufficiale del museo.
Trenitalia è Mobility Partner della mostra.
TITOLO Surrealismo e magia. La modernità incantata
SEDE E DATE Collezione Peggy Guggenheim, 9 aprile – 26 settembre, 2022
Museum Barberini, Potsdam, 22 ottobre 2022–29 gennaio, 2023
CURATORI Gražina Subelytė, Associate Curator, Collezione Peggy Guggenheim
Daniel Zamani, Curator, Museum Barberini, Potsdam
LA MOSTRA Nata dalla collaborazione tra la Collezione Peggy Guggenheim e il Museum
Barberini, è la prima mostra internazionale ad affrontare l’interesse dei
surrealisti per la magia, l’esoterismo, la mitologia e l’occulto.
CATALOGO Il catalogo è edito da Prestel, 2022, con saggi di Susan Aberth, Will Atkin,
Helen Bremm, Victoria Ferentinou, Alyce Mahon, Kristoffer Noheden, Gavin
Parkinson, Gražina Subelytė, e Daniel Zamani. Prezzo al pubblico: € 45.
INGRESSO ALLA COLLEZIONE Intero euro 16; seniors euro 14 (oltre 65 anni) studenti euro 9 (entro i 26 anni);
bambini (0-10 anni) e soci ingresso gratuito. Il biglietto dà diritto all’ingresso
alla mostra, alla collezione permanente, alla Collezione Hannelore B. e
Rudolph B. Schulhof e al Giardino delle Sculture Nasher. Tutti i giorni alle 15
il museo organizza presentazioni gratuite della mostra. Non è necessaria la
prenotazione.
ORARIO 10 – 18, chiuso il martedì
INFORMAZIONI info@guggenheim-venice.it / 041.2405411
www.guggenheim-venice.it
BIGLIETTERIA Tel. 041.2405440/419
visitorinfo@guggenheim-venice.it
ATTIVITÀ DIDATTICHE tel. 041.2405401/444
COME ARRIVARE Linea 1/2, fermata Accademia
COMUNICAZIONE E UFFICIO
STAMPA
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Vi preghiamo di segnalarci l’avvenuta pubblicazione dell’articolo scrivendo
a: press@guggenheim-venice.it
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PERCORSO ESPOSITIVO

INTRODUZIONE
La magia “è il mezzo per avvicinarsi all’ignoto per vie diverse da quelle della scienza o della religione”
(Max Ernst, 1946)
Con il Manifesto del Surrealismo (1924) lo scrittore francese André Breton fonda un importante
movimento artistico e letterario che ben presto diventa un’avanguardia internazionale. Influenzati dagli
orrori delle due guerre mondiali, i surrealisti si ribellano al culto della ragione e della razionalità. Sono
uniti dal desiderio di esplorare i sogni, l’irrazionale e l’inconscio e di esprimere paure e desideri,
nonostante la loro arte non sia definita da uno stile specifico. Inoltre, molti di loro trovano ispirazione
nella magia, nell’alchimia e nell’occulto. Attingono alla simbologia dell’occulto per una crescita
individuale e alimentano l’immagine dell’artista come alchimista, mago, veggente, dea o strega, in
grado di evocare mondi immaginari.
I surrealisti leggono il testo di Sigmund Freud Totem e tabù (1913), secondo il quale la magia è credere
nell’“onnipotenza del pensiero”, e rimangono affascinati dall’idea che l’immaginazione umana possa
esercitare un impatto diretto sulla realtà esterna. La magia diventa metafora per il regno elusivo del
“surreale”, dove realtà e sogno si fondono in un vissuto nuovo e assoluto. La magia è strettamente
legata all’occultismo – termine che deriva dal latino occultus, nascosto – un sistema di pensiero fondato
sull’esistenza di forze elevate e mistiche che pervadono l’universo ma rimangono nascoste alla vista.
Nel contesto della Seconda guerra mondiale la magia e l’occulto diventano il modo per stimolare e
liberare la mente da qualsivoglia limite imposto. In un’epoca di ansia e conflitti i surrealisti creano opere
che si augurano possano rigenerare lo spirito umano. La magia assolve al compito di una rivoluzione
totale, che sia non solo materiale ma anche di trasformazione personale.
L’influenza duratura di questi interessi si evidenzia nella mostra “Le Surréalisme en 1947” dedicata ai
temi della magia, del mito e dell’occulto e organizzata nell’immediato postguerra alla Galerie Maeght
di Parigi. Nel libro L’arte magica (1957) Breton definisce la magia come il potere di rendere visibile
l’invisibile e il Surrealismo come la riscoperta della magia in una modernità disincantata e razionalizzata,
e infatti lo inserisce a conclusione di una lunga tradizione di “arte magica”.
SALA 1 – L’occultamento del Surrealismo

Alla fine del XIX secolo Parigi è la capitale del revival dell’occulto, contraddistinto dall’interesse
popolare per le pratiche mistiche ed esoteriche. Si tratta, in parte, di una reazione al processo di rapida
industrializzazione e modernizzazione delle aree urbane e alla tendenza laicizzante della società
francese. Il Surrealismo, che nasce dalle ceneri della Prima guerra mondiale e si afferma in un contesto
metropolitano, è erede di questa tendenza. Nel Secondo Manifesto del Surrealismo (1929), lo scrittore
francese André Breton chiede “l’occultamento profondo, effettivo del Surrealismo”, un’affermazione
che esprime l’ampia accettazione nel movimento dell’alchimia, della magia, dell’occulto.
L’“occultamento” è da intendersi come un processo continuo, che parte negli anni venti e raggiunge
l’apice dopo la Seconda guerra mondiale. Le opere e i volumi qui esposti rappresentano le fondamenta
dell’approfondimento surrealista dei simboli e dell’occulto. Tra queste spicca lo studio di Émile-Jules
Grillot de Givry, Il tesoro delle scienze occulte. Il mondo della stregoneria, della magia, dell’alchimia
(1929). Anche la Pittura metafisica di Giorgio de Chirico, pittore italiano di origine greca, esercita
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un’influenza notevole, con composizioni meticolose che esplorano il mistero e l’enigma e danno forma
a mondi onirici curiosi, suggerendo come la dimensione magica pervada la realtà ordinaria. Breton
sostiene de Chirico, che definisce un “pittore di genio”, le cui prime opere sono delle “rivelazioni”, e così
facendo lo collega al fascino esercitato dalla magia e dall’occulto sui surrealisti. Nella sua collezione
entra una delle sue opere preferite, Il cervello del bambino (1914) di de Chirico, che i surrealisti hanno
quindi modo di vedere nella sua casa di Parigi.
SALA 2 – Le Nozze sacre: il Surrealismo e l’alchimia

Molti surrealisti inseriscono nelle loro opere simboli alchemici. L’alchimia era considerata una
pseudoscienza dedita alla trasmutazione dei metalli vili in metalli preziosi e quindi una metafora di
trasformazione fisica e spirituale per ottenere uno stato di perfezione. Gli stadi alchemici di
perfezionamento possono essere rappresentati da animali o creature immaginarie, oppure da colori,
per cui il verde raffigura la materia prima e il rosso l’ultimo stadio del processo alchemico. Quest’ultimo
viene raggiunto attraverso l’unione degli opposti, le cosiddette Nozze sacre tra un Re rosso e una
Regina bianca o i rispettivi attributi, il sole e la luna. Nell’arte surrealista questa unione rappresenta il
desiderio erotico, la maturazione spirituale, oppure il rinnovamento socioculturale. L’interpretazione
surrealista dell’alchimia si basa su molte fonti, dai libri sull’occulto di Émile-Jules Grillot de Givry ed
Éliphas Lévi alle teorie psicologiche di Carl G. Jung. Il concetto di Nozze sacre affascina sia Leonora
Carrington sia Max Ernst, che esplorano l’alchimia, l’occulto e la stregoneria. Ernst entra in contatto
con questi temi grazie al folklore della Renania nativa e agli studi presso l’Università di Bonn.
Carrington impara a conoscere il soprannaturale già nell’infanzia, attraverso le storie della mitologia
celtica che le vengono narrate. In dipinti in cui tratta delle sue relazioni personali, come quelli qui
esposti, Ernst si ritrae come il protagonista maschile delle Nozze sacre. Sia Ernst sia Carrington spesso
alludono, nelle rispettive opere, alla loro relazione (dal 1937 al 1940) attraverso degli alter ego: un
uccello nel caso di Ernst, e un cavallo nel caso di Carrington. In questa sala sono riuniti il Ritratto di Max
Ernst (1939 c.) di Carrington e La vestizione della sposa (1940) di Ernst. Ernst è ritratto in un abito rosso
scuro, piumato e a coda di pesce, nell’opera di Carrington, che a sua volta è molto probabilmente la
protagonista del dipinto di Ernst, avvolta in un manto piumato rossastro e dalla testa d’uccello (Ernst
paragona Carrington alla “sposa del vento”, figura della tradizione medievale che ricorda una strega).
Probabilmente il dipinto di Carrington ispira quello di Ernst.
SALA 3 – Unità cosmica e analogie infinite

Con l’inizio della Seconda guerra mondiale e l’occupazione nazista della Francia, molti surrealisti
emigrano negli Stati Uniti o in Messico e creano misteriosi paesaggi onirici per esprimere le proprie
paure e angosce esistenziali. L’artista tedesco Max Ernst, che emigra a New York nel 1941, dipinge
molte opere all’apparenza apocalittiche, come L’Europa dopo la pioggia II (1940–42), dove paesaggi
sterili e desolati diventano allegorie della violenza politica, della guerra e dell’ascesa del fascismo. Altri
dipinti di questo periodo evidenziano la fascinazione di Ernst per uno dei capisaldi dell’occultismo
europeo, che vede le manifestazioni della natura collegate per analogia. Si tratta della “teoria delle
corrispondenze”, spesso condensata nel motto “come in alto, così in basso”, che comprende i legami
intrinseci tra l’uomo e l’universo e il micro- e macrocosmo, e propone una visione del cosmo come
un’unica entità vivente in flusso costante. In Il giorno e la notte (1941–42) tali corrispondenze si ritrovano
nella manifestazione del notturno e diurno grazie ai dipinti luminosi dentro il dipinto, e nella
suddivisione compositiva diagonale tra la terra e il cielo. Le analogie tra la terra in basso e i cieli in alto
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riprendono l’immaginario delle incisioni alchemiche a cui Ernst si ispira nel tentativo di ritrarre un
mondo in equilibrio. Tali dicotomie possono anche rappresentare degli stati mentali, come realtà e
sogno o conscio e inconscio. Con Il giorno e la notte Ernst si presenta come artista-veggente, colui che
ha il potere di illuminare ciò che è oscuro e altrimenti inaccessibile in tempi di caos e sofferenza. Ernst
ricorre ai principi organizzativi di divisione e contrasto anche in Il pianeta disorientato (1942), dove il
“totem” verdastro centrale (che trae origine dai suo interessi etnografici) divide il cielo in un registro blu
e uno giallo, animati da linee nere fluttuanti. Se la parte sinistra parla di ordine e armonia cosmica, la
destra fa pensare a uno stato di squilibrio e malattia e quindi al trauma della guerra. Nell’evocare sia il
decadimento sia la guarigione, il dipinto indica la posizione del Surrealismo contro la guerra nel periodo
critico successivo al 1939. La metafora della lotta e dell’eventuale redenzione riflette ancora una volta
l’adozione da parte di Ernst dell’alchimia e del suo principio fondante dell’eterno dualismo.
SALA 4 – Lo specchio della magia: Kurt Seligmann
L’artista e studioso svizzero-americano Kurt Seligmann svolge un ruolo chiave nel favorire il legame tra
i surrealisti e l’occulto, soprattutto durante il periodo dell’esilio negli anni ’40, quando la magia e il mito
sono tra gli interessi più pressanti del movimento. Trasferitosi nel 1929 dalla nativa Basilea a Parigi,
Seligmann si unisce al gruppo surrealista nel 1934. Nel 1938 è il primo surrealista a visitare la costa
nordoccidentale della Columbia Britannica, dove acquista opere di artisti indigeni, come un totem
Tsimshian, e nel settembre 1939 è il primo surrealista europeo ad arrivare negli Stati Uniti allo scoppio
della Seconda guerra mondiale. Colleziona avidamente libri rari sui temi della magia, dell’alchimia e
della stregoneria, e viene riconosciuto come esperto di occultismo da artisti e scrittori, incluso André
Breton. I suoi articoli sulla magia sono pubblicati sulla rivista surrealista “VVV” e quella d’avanguardia
“View”, che sostengono la cerchia dei surrealisti emigrati. I suoi studi culminano con la pubblicazione di
un classico dell’occultismo, Lo specchio della magia. Storia della magia nel mondo occidentale (1948).
Nel volume, che esercita una grande influenza sulla surrealista Leonora Carrington, Seligmann rimarca
le possibilità liberatorie della magia: “La magia fu uno stimolo a pensare, affrancò l’uomo dal terrore,
l’arricchì col sentimento di poter controllare il mondo, affinò le capacità della sua immaginazione e
tenne vigili le sue aspirazioni verso la suprema perfezione”. Con il passare del tempo le opere di
Seligmann, infuse di associazioni alchemiche, carnevalesche, araldiche e magiche, diventano sempre
più esoteriche. Sin dagli inizi il carnevale macabro di Basilea esercita su di lui un impatto duraturo,
proprio come i personaggi demoniaci dell’arte medievale e rinascimentale svizzera. In molte opere si
rifà alla letteratura dell’occulto, come mostrano titoli e motivi chiaramente legati a temi esoterici, tra cui
i tarocchi, la magia, la stregoneria, il sabba delle streghe, i riti d’iniziazione e l’esorcismo. Crede inoltre
che l’arte possa ergersi come forza protettrice contro i disastri della guerra e del fascismo. Dipinti come
Iside e Melusina e i Grandi trasparenti, qui esposti, mostrano inoltre il ruolo che Seligmann e altri
surrealisti attribuiscono al potere femminile di rigenerare un mondo trauma­tizzato dalla guerra, pur
riflettendo stereotipi di genere lontani da una visione attuale.

SALA 5 / 6 – Promotrici del cambiamento: le donne, esseri magici

La concezione surrealista della donna è poliedrica e anche contraddittoria: la donna può essere fatale,
caotica, erotica, magica o potente, e trasformarsi o essere trasformata in fata, dea, sacerdotessa,
profetessa, strega o bestia mitologica pericolosa, una chimera, una sirena o una sfinge. Tuttavia, il
significato di queste figure spesso dipende dal genere dell’artista. I pittori Paul Delvaux, René Magritte
e André Masson, le cui opere sono esposte nella sala seguente, attribuiscono alla donna qualità
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stereotipate: la donna è sessualizzata, fertile e legata alla natura. Eppure, in teoria, il Surrealismo
sostiene le donne. Nel testo a tema alchemico, Arcano 17 (1945), André Breton guarda all’autorità
matriarcale e ritrae personaggi femminili trionfanti. Insieme ad altri artisti ritiene che l’emancipa­zione
femminile abbatterà i confini tra i sessi, annullerà la visione dominante e dualistica del mondo e porterà
alla rivoluzione utopica per una società migliore, da un punto di vista tanto estetico quanto politico.
Molte artiste e scrittrici si associano al Surrealismo, in particolare durante gli anni trenta del XX secolo.
Le loro interpretazioni della donna sicura di sé e dedita alla ricerca, oppure maga e non più musa
ispiratrice, destabilizzano le tipologie femminili tendenziose formulate originariamente da una cerchia
esclusivamente maschile. Le artiste riconoscono il potenziale surrealista e le possibilità offerte
dall’interesse del movimento per il mito e l’occulto, che impiegano per promuovere strategie e obiettivi
di emancipazione femminile decisamente proto­femministi. L’artista inglese Leonora Carrington, la
pittrice di origine argentina Leonor Fini e la pittrice statunitense Dorothea Tanning, le cui opere sono
esposte in questa sala e nella successiva, rifiutano la nozione della donna come accessorio passivo nella
ricerca di avventura e supremazia dell’eroe. Ritraggono le loro protagoniste come soggetti attivi di
narrazioni che riflettono un profondo interesse per la magia, la mitologia e la stregoneria. In
innumerevoli opere guardano alla sovrapposizione tra gli ambiti dell’umano, dell’animale e del vegetale
e alla continuità incantata del regno della natura.
SALA 7 – Wifredo Lam e Wilhelm Freddie

L’artista cubano Wifredo Lam nelle sue opere esplora temi afro-cubani legati alla spiritualità e alla
rigenerazione. In Zambezia, Zambezia (1950) ritrae un essere antropomorfo ispirato alla pratica
religiosa della diaspora africana, la Santería, delle cui cerimonie è testimone. L’essere ibrido per metà
cavallo e metà donna è un riferimento al mito della femme cheval, che rappresenta il possesso spirituale
di un individuo da parte di una divinità Orisha. La metamorfosi dei corpi che spesso viene
rappresentata nei dipinti di questo periodo suggerisce una trasformazione magica, così da evocare
l’ingresso in una realtà differente che avviene nei rituali della Santería. Durante il soggiorno a Parigi
prima della Seconda guerra mondiale Lam, che è cubano ma di origini africane, cinesi ed europee,
arriva a formulare un proprio stile che fonde tecniche cubiste e surrealiste. Quando nel 1941 ritorna a
Cuba, imprime alla sua arte un’azione più espressamente politica ed esplora l’immaginario vernacolare
nel tentativo di affermare un’identità artistica di stampo nazionale.
Wilhelm Freddie, uno dei maggiori esponenti del Surrealismo danese, incontra André Breton nel 1947
in occasione della mostra “Le Surréalisme en 1947” a cui partecipa. La mostra, organizzata alla Galerie
Maeght di Parigi e dedicata ai temi dell’occulto e della magia, stimola l’interesse di Freddie per la
magia e nelle sue opere iniziano a comparire immagini arcane ed esoteriche. In Sfinge (1947)
reinterpreta un motivo ricorrente nella sua arte, la creatura ibrida della mitologia antica che ritiene
rappresenti “una donna con un corpo di animale che qui assume valenze apertamente maschili”,
sottolineate dal fallo pronunciato. Incarnando “l’enigma della vita e della morte”, seducente e violento
allo stesso tempo, la sfinge imperscrutabile qui assume anche il significato di estraneazione. I soggetti
erotici e il comportamento iconoclasta rendono Freddie un personaggio all’epoca scandaloso.
SALA 8 – Un’incantatrice moderna: Leonora Carrington e la magia
Con la fine degli anni trenta l’artista inglese Leonora Carrington diventa una delle figure centrali del
Surrealismo. La relazione con Max Ernst, tra il 1937 e il 1940, alimenta la sua fascinazione per la magia,
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nonostante inizi a studiarne la storia e il simbolismo ben prima di associarsi al movimento, di cui
riprende i temi in maniera del tutto personale. Di origini anglo-irlandesi, fortemente attratta dal folklore
celtico, Carrington adotta le figure della strega e dell’incantatrice come alter ego formidabili,
sovvertendo la visione stereotipata dell’incantatrice come oggetto del desiderio o della perversione,
trasformandola in un’icona dell’emancipazione femminile. Attingendo a una conoscenza approfondita
dell’esoterismo, coniuga riferimenti alla magia e all’occulto con un’iconografia fantastica ispirata all’arte
medievale e rinascimentale, soprattutto al pittore Hieronymus Bosch. Nel 1943 si trasferisce in Messico,
dove matura il suo talento artistico e dove rimane per il resto della vita. Di questo paese apprezza il
misticismo, la magia e la stregoneria tradizionali, che diventano alcune delle sue fonti d’ispirazione. Le
opere qui esposte appartengono al periodo messicano, quando Carrington frequenta altri artisti in
esilio, come la pittrice spagnola Remedios Varo, con cui condivide l’interesse per la magia. Nel 1948
vengono pubblicati due libri fondamentali per Carrington: lo studio della mitologia di Robert Graves,
La Dea bianca, che Carrington considera la “rivelazione più grande” in assoluto, e Lo specchio della
magia di Kurt Seligmann. L’interesse per la magia s’intreccia in Carrington con il sostegno all’ecologia
e ai diritti delle donne, soggetti politici che nella sua arte sono inestricabili. Le figure della strega e della
dea sono l’incarnazione del rispetto per la natura e le sue risorse, mentre i personaggi femminili sono
spesso a difesa della vita in opere infuse di un sentimento antipatriarcale. Da notare come negli anni
settanta Carrington dia corso al primo gruppo di liberazione della donna del Messico, quando nel
paese il femminismo inizia a organizzarsi in un movimento. André Breton ammira il suo talento e la
invita a partecipare alla mostra dedicata all’occulto, “Le Surréalisme en 1947”, e alle interviste in forma
di questionario che include nel suo volume L’arte magica (1957), dove Carrington afferma che la magia
è un ingrediente fondamentale della vita moderna.
SALA 9 / 10 – Dee e streghe

Leonor Fini e Remedios Varo affrontano tematiche magiche e mitologiche con obiettivi che si
differenziano dalle controparti maschili. Rifiutano, a differenza della maggior parte dei colleghi
surrealisti della cerchia di André Breton, di rappresentare le donne come sottomesse, ad esempio
come muse o veggenti, e indagano in maniera critica i possibili soggetti femminili emancipati offerti dal
mondo della magia. Per sfuggire alla Seconda guerra mondiale la pittrice spagnola Varo emigra in
Messico, dove rimane per il resto della vita. Negli anni cinquanta numerose influenze confluiscono nelle
sue composizioni di persone impegnate in riti magici, attività alchemiche o viaggi mistici, con una
precisone del disegno che è certamente influenzata dai disegni scientifici e particolareggiati del padre,
ingegnere idraulico. Spronata dal dialogo costante con l’artista Leonora Carrington, anche lei
espatriata in Messico, Varo si immerge nell’iconografia esoterica e dell’occulto, in particolare la storia
della stregoneria, da cui trae i temi delle opere. Per le due artiste e molte loro colleghe surrealiste la
strega diventa un alter ego femminile che esprime la capacità di essere artefice del proprio destino. Il
livello d’identificazione di Varo con queste figure occulte è profondo, come testimonia il fatto che
spesso hanno i suoi lineamenti. Fini radica la sua arte nei miti di dee indipendenti e nell’immaginario
della stregoneria medievale. Le sue opere sono popolate da donne che incutono timore, spesso
seduttrici letali, e ibridi femminili come la sfinge, animale per metà donna e metà uomo, guardiana di
segreti e simbolo di enigmi, con cui si identifica. Queste figure sono protagoniste di rituali che si
svolgono in ambienti fantastici al di fuori del tempo e dello spazio. Quando compaiono, gli uomini
sono passivi, belli e deboli. Attraverso le interpretazioni delle relazioni di potere Fini mette in
discussione gli stereotipi dei ruoli di genere.
Palazzo Venier dei Leoni Dorsoduro 701 30123 Venezia (39) 041 2405 415 guggenheim-venice.it
SALA 11 – Enrico Donati, Pugno (1946)

Tra le opere che Donati espone alla mostra del dopoguerra dedicata al mito e alla magia, “Le
Surréalisme en 1947”, presentata alla Galerie Maeght di Parigi, figurano anche Pugno e Malocchio
(1946), quest’ultima esposta all’ingresso di questa mostra. In Pugno una mano stringe due occhi vitrei a
creare le sembianze di un viso misterioso, in un’allusione al malocchio. Nella mostra “Le Surréalisme”
l’opera è esposta nella sala dedicata alla superstizione, dove ai visitatori è richiesto di confrontarsi e
allontanare intellettualmente le proprie paure.

SALA 12 – La magia dei tarocchi: Victor Brauner

La magia, i tarocchi, la cabala sono temi centrali dell’arte di Victor Brauner, pittore ebreo di origini
rumene che si unisce alla cerchia surrealista nel 1933, a Parigi, e poi trascorre gli anni della guerra in
clandestinità in Francia, non riuscendo a espatriare in Messico o negli Stati Uniti.
Brauner espone nella prima grande mostra surrealista del dopoguerra, “Le Surréalisme en 1947”,
organizzata da André Breton e Marcel Duchamp alla Galerie Maeght di Parigi e dedicata ai temi
dell’alchimia, del mito e dell’occulto. Nell’ultima sala della mostra un posto d’onore viene assegnato al
dipinto di Brauner Gli amanti. Il titolo dell’opera corrisponde alla sesta carta degli Arcani maggiori dei
tarocchi, ma il dipinto riunisce una figura maschile e una femminile ispirate a due figure associate a
poteri magici, “Il Bagatto” e “La Papessa”, il cui incontro simboleggia le Nozze sacre o l’unione ideale
dei sessi. L’opera racchiude numerosi simboli della riconciliazione tra forze opposte: il sole e la luna
(nella bacchetta), il predatore (la testa della donna in forma di rapace) e la preda (il serpente sulla
fronte dell’uomo), l’acqua e il fuoco (che fuoriescono dalla testa dell’uomo), il maschile e femminile. I
tre registri verticali (la terra, la vegetazione, il cielo) stabiliscono una serie di livelli procedurali,
accompagnati dalle iscrizioni “destino”, “magia” e “libertà” a sinistra e “passato”, “presente” e “futuro” a
destra. Sono parole che evocano temi legati al destino e alla profezia ed entrano in sintonia con
l’immaginario del dipinto ispirato dai tarocchi. I numeri in basso a destra sono un riferimento a Breton,
che vede nelle cifre “1713” un diagramma delle proprie iniziali. L’opera è dedicata a Breton, come
omaggio al libro di quest’ultimo, Arcano 17 (1945), che esplora il tema dei tarocchi, dell’alchimia e
dell’androgino.
Nel 1947 Brauner dipinge un’altra opera basata su una carta dei tarocchi, Il surrealista. Riprendendo la
carta de “Il Bagatto”, Brauner si ritrae come il mago onnipotente che ha l’energia e il potere creativo
per adempiere al proprio potenziale. Nei due dipinti vengono inseriti i quattro semi delle carte dei
tarocchi (Denari, Spade, Bastoni e Coppe) corrispondenti ai quattro elementi (terra, aria, fuoco e
acqua). Ulteriori simboli mistici compaiono sul cappello del Mago: la prima lettera dell’alfabeto ebraico,
aleph, a rappresentare l’inizio, e il simbolo dell’infinito a rappresentare la vita.

SALA 13 – Dimensioni nascoste

Nonostante il profondo interesse per la magia e l’occulto, i surrealisti riconsiderano la nozione di
soprannaturale, che guarda ai fenomeni che trascendono l’universo tangibile, per arrivare invece all’idea
di “surreale”, che definisce una dimensione nascosta e intrinseca alla realtà. Surreale e “meraviglioso”
diventano termini quasi intercambiabili per denotare l’improvvisa esplosione dell’inspiegabile nella
realtà esterna, che scatena sentimenti di meraviglia, stupore, alienazione o incredulità.
Interessati al meraviglioso e desiderosi di esprimere a livello pittorico l’inconscio e l’irrazionale, molti
surrealisti rifuggono narrazioni identificabili e creano scenari bizzarri e onirici, delle topografie occulte o
Palazzo Venier dei Leoni Dorsoduro 701 30123 Venezia (39) 041 2405 415 guggenheim-venice.it
fantasie cosmiche. Le atmosfere misteriose ed enigmatiche di queste composizioni testimoniano
l’influenza dura­tura della Pittura metafisica di Giorgio de Chirico. Tuttavia, lo stile e l’iconografia si
nutrono di molte fonti, dalle teorie della quarta dimensione all’ultraterreno celtico, ai procedimenti
alchemici e magici. I surrealisti possono così evocare un universo che trabocca di forze nascoste e
invisibili oltre la portata del razionale. In questo si ricollegano al Secondo Manifesto del Surrealismo
(1929), in cui André Breton guarda all’occulto come potente metafora dell’inconscio e definisce il
Surrealismo “la discesa vertiginosa in noi stessi, l’illuminazione sistematica dei luoghi nascosti e
l’oscuramento progressivo degli altri luoghi, la deambulazione perpetua in piena zona interdetta”.
VERANDA (video) – Il potere della stregoneria: Maya Deren

Maya Deren, cineasta d’avanguardia di origine ucraina, nel 1943 sceglie la galleria/museo di Peggy
Guggenheim Art of This Century, a New York, per girare The Witch’s Cradle, un cortometraggio
intriso di occultismo rimasto incompiuto. Anche se rifiuta l’etichetta di surrealista, Deren frequenta la
cerchia di artisti europei emigrati negli Stati Uniti. All’epoca conosce già la stregoneria e le religioni
della diaspora caraibica e africana, avendo lavorato prima come assistente dello scrittore occultista
William Seabrook al suo volume sulla stregoneria, e poi per l’antropologa e danzatrice Katherine
Dunham, che studia il vudù ad Haiti e introduce elementi del rituale afro-caraibico nelle sue
coreografie. Grazie a lei Deren si interessa alle pratiche rituali che attraverso la danza e il suono
portano a stati di trance e possessione.
Il titolo del cortometraggio, “witch’s cradle”, la culla della strega, è un gioco di parole che trasforma il
nome di un gioco con la corda per bambini, “cat’s cradle”, la culla del gatto. Lo stringere dei nodi è una
pratica che figura spesso in stregoneria, dove la ripetitività dell’atto serve a rendere l’in­cantesimo più
efficace. Nel film lo spago è un elemento ricorrente e anche inquietante, usato per suggerire
procedimenti magici. I protagonisti, gli artisti Anne Matta-Clark e Marcel Duchamp, manipolano in
maniera rituale una corda, che a tratti sembra prendere vita, muovendosi in maniera autonoma e
creando reticoli come trappole. In un collage cinematografico di immagini suggestive Deren inserisce
sequenze di Matta-Clark che si muove nelle gallerie in penombra di Art of This Century e interagisce
misteriosamente con le opere d’arte, mentre accadono avvenimenti inesplicabili. Tra i simboli esoterici
figura il cerchio magico con un pentacolo disegnato sulla fronte di Matta-Clark, con l’iscrizione “la fine
è l’inizio è la fine”, un riferimento al ciclo infinito della vita, morte e reincar­nazione.
1. Enrico Donati
Malocchio, 1946
Gesso dipinto, acrilico, filo di rame,
specchi e vetro, 24,7 × 29,2 × 17,7
cm
Collezione privata
2. Giorgio de Chirico
Il cervello del bambino, 1914
Olio su tela, 80 × 65 cm
Moderna Museet, Stoccolma, acquisto
1964 (The Museum of Our Wishes)
3. Giorgio de Chirico
Muse Metafisiche
1918
Olio su tela
55 x 35 cm
Collezione Fondazione Francesco
Federico Cerruti per l’Arte, on longterm loan at Castello di Rivoli Museo
d’Arte Contemporanea, Rivoli-Turin
Inv. CC.00.P.DEC.1918.B5
4.
Jeu de Marseille, 1941
Musée Cantini, Marseille, Gift of
Aube Breton Elléouët and Oona
Elléouët in memory of Varian Fry,
2003
Oscar Domínguez: Freud, Mago dei
sogni – Stella
Marzo 1941
Guazzo, matita colorata e china su
carta Canson, 27.1 × 17 cm
Victor Brauner: Hélène Smith, Sirena
della conoscenza – Serratura
Marzo 1941
Matita nera e colorata su carta da
lucido, 27.4 × 18.1 cm
Jacqueline Lamba: Baudelaire,
Genio dell’amore – Fiamma
Marzo 1941
Guazzo, china e collage su carta
Canson, 27.9 × 16 cm
Jacqueline Lamba: L’asso della
rivoluzione – Ruota
Marzo 1941
Inchiostro nero e rosso su carta, 24
× 13.6 cm

5. André Masson
Goethe e la metamorfosi delle
piante, 1940
Olio su tela, 73 × 116 cm
The Israel Museum, Gerusalemme,
Collezione Vera e Arturo Schwarz di
arte dada e surrealista all’Israel
Museum
Inv. B03.0077
6. Max Ernst
L’antipapa, 1941–1942
Olio su tela, 160,8 × 127,1 cm
Collezione Peggy Guggenheim, Venezia
(Solomon R. Guggenheim Foundation,
New York)
Inv. 76.2553 PG 80
7. Max Ernst
Il re gioca con la regina, 1944
Bronzo (patina marrone), 99 × 85 ×
53 cm
The Israel Museum, Gerusalemme,
donazione Sylvia e Joseph Slifka,
New York, per gli American Friends
of the Israel Museum
Inv. B03.0824

8.
Leonora Carrington
Ritratto di Max Ernst, 1939 c.
Olio su tela, 50,3 × 26,8 cm
National Galleries of Scotland,
Edinburgh, acquistato con il supporto di
Henry and Sula Walton Fund e Art
Fund, 2018
Inv. GMA 5600
9. Max Ernst
La vestizione della sposa, 1940
Olio su tela, 129,6 × 96,3 cm
Collezione Peggy Guggenheim, Venezia
(Solomon R. Guggenheim Foundation,
New York)
76.2553 PG 78
10.
Max Ernst
Nozze chimiche, 1948
Olio su tela, 150,5 × 65,5 cm
Collezione privata, Svizzera
11. Max Ernst
L’Europa dopo la pioggia II, 1940–1942
Olio su tela, 54,8 × 147,8 cm
Wadsworth Atheneum Museum of Art,
Hartford, CT, The Ella Gallup Sumner
and Mary Catlin Sumner Collection
Fund
Inv. 1942.281
12. Max Ernst
Il giorno e la notte, 1941–1942
Olio su tela, 112,4 × 146,1 cm
Menil Collection, Houston, acquistato
grazie ad Adelaide de Menil Carpenter
Inv. 1977-01 DJ
13. Max Ernst
Il pianeta disorientato, 1942
Olio su tela, 110 × 140 cm
Tel Aviv Museum of Art, donazione
dell’artista, 1955
Inv. 2426

14. Artista non riconosciuto Haida,
Haida Gwaii, British Columbia,
Canada
Palo di sostegno a forma di totem,
metà XIX secolo
Legno policromo intagliato, 88 x 15
x 22 cm
Mark Kelman, New York
15. Kurt Seligmann
L’alchimia della pittura, 1955
Olio su tela, 112,4 x 97,1 cm
Collezione Amy e Eric Huck
16. Kurt Seligmann
Melusina e i grandi trasparenti, 1943
Olio su tela, 75 × 60 cm
The Art Institute of Chicago, Mary and
Earle Ludgin Collection
Inv. 1981.823
17.
Kurt Seligmann
Iside, 1944
Olio su tela, 165 × 76,2 cm
Collezione privata, courtesy Weinstein
Gallery, San Francisco
18. Kurt Seligmann
Bafometto, 1948
Olio su tela, 122,6 × 147,6 cm
Collezione Museum of Contemporary
Art Chicago, donazione Joseph e Jory
Shapiro
Inv. 1992.72
19. Leonor Fini
La pastorella delle sfingi, 1941
Olio su tela, 46,2 × 38,2 cm
Collezione Peggy Guggenheim, Venezia
(Solomon R. Guggenheim Foundation,
New York)
Inv. 76.2553 PG 118

20.
Leonora Carrington
La donna gatto (La Grande Dame),
1951
Legno policromo intagliato, altezza
c. 202 cm
Collezione privata
21. Leonor Fini
La fine del mondo, 1949
Olio su tela, 35 × 28 cm
Collezione privata
22. Paul Delvaux
Il richiamo della notte, 1938
Olio su tela, 110 × 145 cm
National Galleries of Scotland,
acquistato grazie al supporto di
Heritage Lottery Fund e Art Fund 1995
Inv. GMA 3884
23.
André Masson
Ofelia, 1937
Olio su tela, 113,7 × 146,7 cm
The Baltimore Museum of Art, lascito
Saidie A. May
Inv. BMA 1951.328
24. René Magritte
La magia nera, 1945
Olio su tela, 79 × 59 cm
Musées Royaux des Beaux-Arts de
Belgique, Bruxelles, lascito Sig.ra
Georgette Magritte, Bruxelles, 1987
Inv. 10706

25. Dorothea Tanning
Il gioco magico dei fiori, 1941
Olio su tela, 91,5 × 43,5 cm
Collezione privata, South Dakota
26. Wilhelm Freddie
La sfinge, 1947
Ottone, 55,9 × 31,2 × 27,7 cm
Kunsten Museum of Modern Art,
Aalborg
27. Wifredo Lam
Zambezia, Zambezia, 1950
Olio su tela, 125,4 × 110,8 cm
Solomon R. Guggenheim Museum,
New York, donazione Joseph
Cantor, 1974
Inv. 74.2095
28. Leonora Carrington
La cucina aromatica di nonna
Moorhead, 1975
Olio su tela, 79 × 124 cm
Charles B. Goddard Center for Visual
Performing Arts, Ardmore,
Oklahoma
29. Leonora Carrington
Rituale, 1964
Olio su tela, 78,7 × 33 cm
Collezione privata, courtesy Weinstein
Gallery, San Francisco
30.
Leonora Carrington
Oink (Essi vedranno i tuoi occhi), 1959
Olio su tela, 40 × 90,9 cm
Collezione Peggy Guggenheim, Venezia
(Solomon R. Guggenheim Foundation,
New York)
Inv. 76.2553 PG 117
31. Leonora Carrington
I piaceri di Dagoberto, 1945
Tempera all’uovo su masonite, 74,9 ×
86,7 cm
Collezione privata
32. Leonora Carrington
Il negromante, 1950 c.
Olio su tela, 73 × 54,5 cm
Collezione privata, courtesy
Weinstein Gallery, San Francisco
33. Leonora Carrington
La sedia. Dagda Túatha Dé Danann,
1955
Olio su tela, 51 × 41 cm
Collezione privata
34. Remedios Varo
Nutrimento celeste, 1958
Olio su masonite, 91,5 × 60,7 cm
Collezione FEMSA
35. Remedios Varo
I tre destini, 1956
Olio su masonite, 90 × 108 cm
Collezione privata, California
36. Remedios Varo
L’orologiaio (Rivelazione), 1955
Olio su masonite, 71 × 84 cm
Collezione privata, New York, courtesy
Drexel Galeria
37. Victor Brauner
La pietra filosofale, 1940
Olio su tela, 65 × 81 cm
Musée d’Art Moderne et Contemporain
de Saint-Etienne Métropole, lascito
Jacqueline Victor Brauner, 1987
Inv. 90.10.9
38. Leonor Fini
Divinità ctonia che spia il sogno di
un giovane, 1946
Olio su tela, 27,9 x 41,2 cm
Francis Naumann, Francis Naumann
Fine Art & Rowland Weinstein,
Weinstein Gallery
39. Leonor Fini
La sfinge regina, 1943
Olio su tela, 40 × 50 cm
Collezione privata
40. Leonor Fini
Strige Amaouri, 1947
Olio su tela, 47 × 53 cm
Collezione privata
41. Leonor Fini
Ritratto della principessa Francesca
Ruspoli, 1944
Olio su tela, 40 × 24 cm
Collezione privata, Svizzera
42. Dorothea Tanning
Lo specchio, 1950
Olio su tela, 30,5 × 46,4 cm
Collezione privata

43.
Enrico Donati
Pugno, 1946 (fusione 1997)
Bronzo e vetro, 81,2 × 45,7 × 46,9
cm
Collezione privata
44. Victor Brauner
Il surrealista, 1947
Olio su tela, 60 × 45 cm
Collezione Peggy Guggenheim, Venezia
(Solomon R. Guggenheim Foundation,
New York)
Inv. 76.2553 PG 111
45. Victor Brauner
Gli amanti, 1947
Olio su tela, 92 × 73 cm
Centre Pompidou, Parigi, Musée
National d’Art Moderne/Centre de
Création Industrielle, lascito Jacqueline
Victor Brauner, 1986
Inv. AM 1987.1204

46. Yves Tanguy (1900–1955)
La paura, 1949
Olio su lino, 152,4 × 101,6 cm
Whitney Museum of American Art,
New York, acquisto
Inv. 49.21
47. Yves Tanguy
Numeri immaginari, 1954
Olio su tela, 99 × 80 cm
Museo Nacional Thyssen-Bornemisza,
Madrid
Inv. 768 (1973.12)
48. Yves Tanguy
Il sole nel suo portagioie, 1937
Olio su tela, 115,4 × 88,1 cm
Collezione Peggy Guggenheim, Venezia
(Solomon R. Guggenheim Foundation,
New York)
Inv. 76.2553 PG 95
49. Óscar Domínguez
Senza titolo, 1940
Olio su tela, 82 × 65 cm
Colección TEA Tenerife Espacio de
las Artes – Cabildo Insular de
Tenerife, Santa Cruz de Tenerife
Inv. TEA 2004.002
50. Roberto Matta
Anni di paura, 1941
Olio su tela, 111,8 × 142,2 cm
Solomon R. Guggenheim Museum, New
York
Inv. 72.1991
51. Kay Sage
Domani è mai, 1955
Olio su tela, 96,2 × 136,8 cm
The Metropolitan Museum of Art, New
York, Arthur Hoppock Hearn Fund, 1955
Inv. 55.179
52. Salvador Dalí
Idillio melanconico atomico e uranico,
1945
Olio su tela, 66,5 × 86,5 cm
Museo Nacional Centro de Arte Reina
Sofia, Madrid, lascito Salvador Dalí,
1990
Inv. AS11147
53. Wolfgang Paalen
Tempeste magnetiche, 1938
Olio e fumage su tela, 73 × 100 cm
Collezione privata
54. Maya Deren
La culla della strega, 1943
Cortometraggio, senza audio.
Girato nella galleria – museo di Peggy
Guggenheim Art of This Century in New
York. Courtesy of Tavia Ito, Maya Deren
Estate
Palazzo Venier dei Leoni Dorsoduro 701 30123 Venezia (39) 041 2405 415 guggenheim-venice.it
OLTRE LA MOSTRA: PUBLIC PROGRAMS
La mostra Surrealismo e magia. La modernità incantata (9 aprile – 26 settembre, 2022) è accompagnata
da un articolato programma di eventi e attività collaterali legate alle tematiche dell’esposizione e
destinate a diverse tipologie di pubblico. Partendo dal percorso espositivo, a cura di Gražina Subelytė,
Associate Curator, Collezione Peggy Guggenheim, i diversi appuntamenti intendono divulgare,
approfondire e indagare le tematiche centrali della mostra quali l’occulto, la magia, l’alchimia, l’onirico e
l’inconscio. La programmazione vuole così celebrare un contesto storico e culturale di grande fascino
che i surrealisti chiamavano “una nuova modernità” o “una modernità incantata”. I Public Programs sono
completamente gratuiti e sono resi possibili grazie alla Fondazione Araldi Guinetti, Vaduz.
Tutte le informazioni sugli appuntamenti e le modalità per partecipare sono disponibili al seguente link
Meet the Curator inaugura il programma sabato 9 aprile alle 11.30. Nel primo giorno di apertura, la
curatrice accompagnerà il pubblico alla scoperta dei diversi aspetti legati alla mostra, per conoscere
l’origine del progetto espositivo e comprenderne la ricerca e le scelte curatoriali. Inoltre, tutti i giorni alle
15 e per tutta la durata dell’esposizione, sarà possibile assistere a una presentazione gratuita della mostra
della durata di quindici minuti circa, compresa nel biglietto d’ingresso al museo.
Le attività previste nel mese di aprile indagheranno i temi delle scienze esoteriche e dell’occultismo.
Domenica 24 aprile alle 18.30, il pubblico potrà partecipare, sia in presenza che da remoto, a Il gioco di
Marsiglia: una visita/performance condotta da Marianne Costa, scrittrice, poetessa, esperta di Tarocchi
e Metagenealogia, e dalla curatrice Gražina Subelytė. Le/i partecipanti potranno scoprire la simbologia e
l’iconologia delle opere esposte, giocando con il mazzo “Le jeu de Marseille” realizzato dai Surrealisti nel
1941, di cui sono esposte le carte originali della Sirena, del Genio, del Matto e della Ruota.
Si prosegue poi venerdì 29 aprile, alle 17, con il workshop Venezia magica, destinato alle/ai giovani tra
i 16 e i 25 anni. Voce narrante di questo avvincente laboratorio ambientato tra campi e calli veneziane,
tra racconti popolari, storie misteriose e vicende enigmatiche, sarà Alberto Toso Fei, giornalista, scrittore
e saggista. Esoterismo, magia e superstizione saranno i temi che fanno da sfondo al workshop che vedrà
la partecipazione di tre squadre a una vera e propria caccia al tesoro, che prenderà avvio negli spazi
espositivi per poi spostarsi in città.
In occasione del laboratorio, è stata prodotta una mappa esoterica della città di Venezia che costituisce
un invito a scoprire 21 luoghi della città che fanno da sfondo ad altrettante storie mitiche, meravigliose e
magiche. La mappa “Venezia magica”, che sarà distribuita gratuitamente alle/ai partecipanti del
workshop, sarà anche in vendita negli shop del museo.
Di fluidità e trasformazione si parlerà nel corso del mese di maggio. Il 5 maggio alle 18, le/gli insegnanti
potranno seguire una visita guidata con la curatrice, che si svolgerà sia in presenza che da remoto, volta
ad approfondire i concetti chiave dell’esposizione, comprese, appunto, le tematiche di fluidità e
metamorfosi. L’11 maggio alle 18 il pubblico è invitato a partecipare al webinar Vivere con Leonora, che
vedrà protagonista Joanna Moorhead, giornalista e scrittrice, cugina dell’artista surrealista Leonora
Carrington. Insieme alla curatrice, Moorhead approfondirà alcune vicende della storia dell’artista, inclusi
episodi, legami e connessioni con la vita di Peggy Guggenheim. Il 26 e 27 maggio saranno i/le giovani tra
i 16 e i 25 anni i protagonisti del workshop Naked lobsters: muse indisciplinatə, a cura di Call Monica,
collettivo nato dal corso di Teatro e Arti Performative dell’Università Iuav di Venezia. Considerata
l’attenzione dei surrealisti verso i temi dell’identità, e la loro ricerca nell’occultismo di una risposta al
Palazzo Venier dei Leoni Dorsoduro 701 30123 Venezia (39) 041 2405 415 guggenheim-venice.it
mondo razionale dominato dallo sguardo maschile, Call Monica accompagnerà le/i partecipanti in un
laboratorio di due giorni che vuole essere un percorso di conoscenza del sé e un’analisi dello “sguardo”,
inteso come costruzione culturale e vettore di potere. Il workshop terminerà con una performance negli
spazi della Collezione Peggy Guggenheim. Il 17 maggio, la curatrice Subelyte sarà in conversazione con
Cecilia Alemani, Direttrice Artistica della 59esima Mostra di Arte Internazionale di Venezia e curatrice
del progetto di mostra Il latte dei sogni. Subelyte e Alemani, durante un dialogo che avverrà online alle
ore 18, approfondiranno il tema dell’ibridazione e della metamorfosi nell’arte, non solo in riferimento al
movimento surrealista ma andando ad indagare anche le ultime ricerche artistiche che riguardano il
contemporaneo.
Il mese di giugno sarà dedicato alla figura dell’artista mago capace di cambiare il mondo. Se ne
parlerà nel corso del webinar L’artista come mago e incantatrice, il 23 giugno alle 18, con Alice Mahon,
professoressa di Arte e moderna e contemporanea, presso l’Università di Cambridge, Susan Aberth,
professoressa di Storia dell’Arte presso il Bard College, NY, e la curatrice Gražina Subelytė. Il 28 e 29
giugno il workshop Surrealismo multilayer è invece pensato per le ragazze e i ragazzi tra i 16 e i 25 anni,
in collaborazione con BigRock. Institute of Magic Technologies, la più grande scuola di animazione in
Italia. Insieme ai creativi di Big Rock, il laboratorio sarà un momento essenziale per riflettere sulla forza
creativa della mente e sulla capacità di creare dimensioni alternative, anche grazie agli strumenti digitali
che abbiamo a disposizione oggi.
A chiudere il ciclo dei Public Programs a settembre sarà il tema del sogno. Il 15 settembre alle 18 il
pubblico è invitato a partecipare al webinar Sogno, mito e desiderio. L’immaginario onirico nell’opera
di Leonora Carrington, Leonor Fini, Dorothea Tanning e Remedios Varo, condotto da Gražina
Subelytė e Giulia Ingarao, professoressa di Storia dell’Arte Contemporanea e autrice di “Leonora
Carrington. Un viaggio nel Novecento. Dal sogno surrealista alla magia del Messico”. Mentre il 21
settembre le ragazze e i ragazzi tra i 16 e i 25 anni saranno i protagonisti del workshop di disegno Il
colore dei miei sogni, condotto dall’illustratrice francese Laura Daniel.
Anche alcuni dei laboratori della domenica per le bambine e i bambini dai 4 ai 10 anni saranno ispirati alla
mostra in corso. Da aprile a settembre un Kids Day al mese seguirà le diverse tematiche dei Public
Programs. Si comincia il 10 maggio con Una donna imbocca la luna dentro una lanterna persa nel
cielo notturno, un laboratorio che darà la possibilità di familiarizzare con le opere surrealiste
decodificandone l’iconologia e i significati simbolici. Si prosegue il 15 maggio con Esseri ibridi in un
mondo senza genere, che inviterà a scoprire gli esseri magici che popolano la mostra e che non
rispondono alle dinamiche binarie della società, ma appartengono a una narrazione fluida senza
categorie ed etichette. Il 12 giugno sarà la volta di Magia! Ho visto cose che voi umani…, laboratorio
che avrà l’obiettivo ambizioso (e magico) di rendere visibile l’invisibile, mentre il 25 settembre
l’appuntamento è con I sogni son desideri!, workshop incantato in cui ognuno condividerà le proprie
ambizioni o esorcizzerà i propri timori. I Kids Day sono gratuiti, per bambini e bambine dai 4 ai 10 e
richiedono la prenotazione a partire dal lunedì precedente ciascun appuntamento.

Palazzo Venier dei Leoni Dorsoduro 701 30123 Venezia (39) 041 2405 415 guggenheim-venice.it

INSTITUTIONAL PATRONS – COLLEZIONE PEGGY GUGGENHEIM

EFG

EFG è un gruppo internazionale con sede a Zurigo che offre servizi di private banking e asset
management. Le sue azioni nominative (EFGN) sono quotate alla SIX Swiss Exchange. Essendo una
delle maggiori banche private svizzere, EFG è presente nei centri finanziari internazionali e nei mercati
in crescita: è fortemente radicata in Svizzera e opera in circa 40 Paesi nel mondo attraverso una rete
che si estende dall’Europa all’Asia Pacifico fino alle Americhe e al Medio Oriente. EFG è un partner
finanziario che offre la sicurezza e solidità necessarie per assistere efficacemente i clienti. Fin dalla
fondazione nel 1995, la banca si è distinta per il suo spirito imprenditoriale che le ha consentito di
sviluppare soluzioni efficaci e di costruire relazioni durature nel tempo con la clientela, anche attraverso
le proprie partnership e sponsorizzazioni.
In questo contesto, EFG ritiene che molti aspetti della vita e della società siano affascinanti e
importanti. Per questo motivo EFG sostiene vari partner che vanno dalla musica all’arte, dallo sport
all’impegno sociale e in queste aree supporta lo sviluppo dei giovani talenti. In ambito artistico la banca
ha una propria collezione d’arte contemporanea nata nel 2000, collezione che è esposta nelle diverse
sedi di EFG nel mondo e in importanti musei nazionali ed internazionali. EFG è uno dei sostenitori
storici nonché Institutional Patron della Collezione Peggy Guggenheim dal 2001 ed ha sostenuto i
progetti di conservazione delle opere della collezione Lo studio di Picasso e La ragazza con il bavero alla
marinara di Modigliani. Nel 2019, la collaborazione con EFG si arricchisce di un ulteriore contributo a
sostegno del restauro di un capolavoro della Collezione Peggy Guggenheim, Scatola in una valigia
(Boîte en-valise), 1941 di Marcel Duchamp.
www.efginternational.com
LAVAZZA

Lavazza ha una lunga storia di promozione dell’arte e della cultura. Dai primi passi insieme al maestro
indiscusso della pubblicità Armando Testa, fino alla celebrazione della creatività artistica nel
Calendario Lavazza: l’azienda è pioniera nel campo delle arti visive – dalla fotografia al design, fino alla
grafica pubblicitaria d’autore – e oggi è partner di una delle più importanti istituzioni internazionali
dell’arte, quale il Solomon R. Guggenheim Museum di New York negli USA. Lavazza è partner di
Vela, la società del Comune di Venezia che gestisce i principali eventi della Città, e sostiene
realtà culturali quali la Triennale di Milano, Camera (Centro Italiano per la Fotografia) a Torino e le più
importanti manifestazioni internazionali dedicate all’arte e alla fotografia. Dal 2004 collabora inoltre
con il grande fotografo Steve McCurry, che ha realizzato reportage fotografici nei paesi produttori di
caffè per il progetto ¡Tierra!: con i suoi scatti in Honduras, Perù, Colombia, India, Brasile, Tanzania,
Etiopia, Vietnam e Cuba ci ha permesso di viaggiare lungo le rotte del caffè, raccontando tutta la
passione e l’impegno della Fondazione Lavazza verso le comunità produttrici. Lavazza è Institutional
Patron della Collezione Peggy Guggenheim dal 2016, ha sostenuto nella sede veneziana la mostra
Mark Tobey. Una retrospettiva, Marino Marini. Passioni visive, Peggy Guggenheim. L’ultima Dogaressa.
www.lavazza.it
Palazzo Venier dei Leoni Dorsoduro 701 30123 Venezia (39) 041 2405 415 guggenheim-venice.it

SANLORENZO
Primo cantiere monobrand al mondo nella produzione di yacht e superyacht, Sanlorenzo ha una
tradizione di oltre 60 anni nella produzione di motoryacht di una qualità fuori dall’ordinario, frutto
dell’incontro tra cura artigianale, design e avanzate tecnologie, realizzati su misura secondo le
specifiche richieste dell’armatore.
Sotto la gestione del Cavalier Massimo Perotti, in azienda dal 2005, il cantiere ha conosciuto una
straordinaria crescita. Il forte impulso all’innovazione che ha caratterizzato la visione aziendale ha
permesso alla società di realizzare nel corso degli anni numerose soluzioni assolutamente inedite che
hanno cambiato profondamente l’ambito dello yachting, come l’innovativo layout asimmetrico o
l’introduzione del concetto di open space a bordo. Fondamentale in questo senso è stata l’apertura al
mondo del design e dell’architettura attraverso la collaborazione con firme autorevoli come Rodolfo
Dordoni, Citterio Viel, Piero Lissoni (dal 2018 Art Director dell’azienda), Patricia Urquiola e Studio
Liaigre.
Dall’approccio unico ed innovativo che ha spinto Sanlorenzo ad aprirsi verso nuovi linguaggi creativi e
legarsi al mondo dell’arte nasce Sanlorenzo Arts, un contenitore attivo e interattivo per progetti legati a
questi mondi, che affronta i temi attuali in modi originali e ricchi di risorse e che si pone come vero
produttore di cultura e design. Le azioni e le collaborazioni di Sanlorenzo si sono mosse negli anni a
livello internazionale, portando l’azienda a collaborare con importanti istituzioni culturali come La
Triennale di Milano, con l’installazione “Sanlorenzo: Il mare a Milano” che ha vinto il Compasso d’Oro
ADI 2020; Tornabuoni Arte; FuoriSalone, con l’installazione iconica “From shipyard to courtyard”
curata da Piero Lissoni; e Art Basel, di cui è host partner, che ad ogni edizione presenta un progetto
commissionato dal cantiere e realizzato da un artista internazionale. Dal 2020 Sanlorenzo è inoltre
Institutional Patron della Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, il più importante museo in Italia
per l’arte europea e americana del XX secolo.
Nel 2022 Sanlorenzo ha deciso di sostenere il sistema arte Italia partecipando come main sponsor del
Padiglione Italia alla 59. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia, un’opportunità
unica nonché un traguardo straordinario per il cantiere, il primo al mondo ad impegnarsi attivamente
per promuovere e diffondere l’arte contemporanea.
www.sanlorenzoyacht.com


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